Danni a Capodanno al Teatro Trastevere
Tre serate di Capodanno di tre anni consecutivi, tre coppie, tre cucine. Questa è la cornice di Danni a Capodanno, lo spettacolo in scena dall’8 al 13 aprile al Teatro Trastevere di Roma, per la regia di Marta Iacopini a partire da una rielaborazione di Absurd singular person di Alan Ayckbourn.
Dietro alla storia, anche le tematiche più profonde sembrano lavorare su multipli di tre, intrecciando i temi dell’individuo nella coppia, dell’individuo e della coppia nelle relazioni con altri gruppi, e dell’individuo, della coppia e delle relazioni nell’ambito più grande dei cambiamenti della società. L’intimità, il disagio, l’imbarazzo sociale appaiono appena, velati di cinismo, dietro battute e gesti prettamente comici. Grazie a dettagliate scelte scenografiche è sufficiente affacciarsi soltanto nelle tre cucine – magari sentendo appena le voci e i suoni provenienti dalle altre stanze delle case – per ricreare l’atmosfera di tre categorie sociali. Con il mobilio pragmatico dai colori sgargianti (lavatrice incastonata compresa), la coppia interpretata da Alessandra Di Tommaso e Francesco Del Verme, costruttore in arricchimento, accoglie gli ospiti con estrema agitazione; tra il bianco e nero e gli sgabelli di design vivono, invece, tra litigi e depressioni l’architetto (Daniele Trovato), solido sostenitore della sua inevitabile esigenza di avere altre donne, e la moglie (Giovanna D’Avanzo); la cucina della coppia rappresentata da Cristina Longo e Guido Lomoro è invece in un legno che, ricordando una dimestichezza di vecchia data con un certo tipo di lusso, quando appare sembra aver perso la sua lucidità. Con i musicali cambi di scena a sipario aperto si passa da un anno all’altro, e dalla cucina di una coppia all’altra. E si scopre ciò che avviene ai protagonisti della storia nel corso delle tre feste e, parallelamente, nella loro vita.{ads1}
Si sorride molto in questa commedia dal testo divertente e il ritmo vivace. Lo schema tripartito non risulta simmetrico né mai ripetitivo, e il comico è attuato di volta in volta con i mezzi tradizionali, dal continuo succedersi di entrate e uscite dei vari attori in alternanza, ai meccanismi più classici della commedia degli equivoci e al colpo di scena. I personaggi, inquadrati fin da subito e fissati quasi in un fumetto, sono in realtà catapultati in situazioni diverse e si adeguano all’andamento degli eventi: sono i momenti ritmici che, come si dice nelle note di regia, «si impongono sui personaggi e le loro storie involontariamente», dettando l’evoluzione della storia e talvolta anche la recitazione, come quando il personaggio che è stato zitto per l’intera scena finisce col dare l’avvio a un paradossale canto corale. Da sottolineare la prova degli attori della compagnia Chièdiscena, bravi nei dialoghi di coppia, e ancor di più a muoversi nelle scene di gruppo.