Le luci all’Atlantico: cronaca di un concerto
La sera del 4 aprile, alle 10 e 12 l’Atlantico di Roma si riempie di buio mentre, tra rumori di foresta amazzonica e grammofoni d’altri tempi, comincia La Terra, L’Emilia, La Luna, il prologo di Costellazioni. Fuori c’è la primavera, dentro, tra la formazione allargata di quattro elementi, si fa avanti coraggiosamente Vasco Brondi.
I numeri sono cresciuti e il seguito si è moltiplicato. Immaginando il tour sul suo blog scriveva :”Le luci della centrale elettrica come un’orchestrina spaziale. Con percussioni e beat elettronici, chitarre distorte e violoncello, moog e pianoforte. Suoni organici e suoni elettronici. Il palco sarà come un bar che si trova tra la via Emilia e la via Lattea”. Certo l’Atlantico con i suoi 3.000 posti, è un po’ più di un bar. La distanza fra il tour teatrale del 2010 e quello di Costellazioni sembra incolmabile. All’ultimo lavoro, uscito esattamente un mese prima, lo spettacolo dedica ampio spazio. Ma non prima di aver rievocato il passato con Cara Catastrofe, che verso la fine si mischia armoniosamente con Fare i camerieri. Seguono Macbeth nella nebbia, Firmamento, Le ragazze stanno bene. Diversissime e nuovissime, ricevono dal pubblico un abbraccio caloroso.
Poi ancora il vecchio Vasco, quello che parlava e non cantava, quello che i nostalgici rimpiangono e altri semplicemente amano. La lotta armata al bar e Lacrimogeni vengono direttamente da Canzoni da spiaggia deturpata, insieme con le immagini di “uno schifo di amore”, di pozzanghere e malattie, che il Vasco di oggi ha nascosto in una felicità quasi provocatoria. Lo dimostrano sia Ti vendi bene che Questo scontro tranquillo, “L’ultima che ho scritto per il disco, la più stupida e liberatoria”, inviata al pubblico insieme con l’augurio “Di essere felici da far schifo“. C’è spazio anche per un duetto. Con Maria Antonietta che ha aperto il concerto canta Alla felicità e ai locali punk, ma la sua voce a tratti scompare in un testo che non gli appartiene. {ads1}
Mentre il resto dell’Italia fuori dall’Atlantico confonde ancora Le luci con una band, Vasco Brondi sdoppia la sua personalità davanti al pubblico di Roma. Quello che parla su un accordo di chitarra primordiale non è lo stesso che ripercorre mille volte il palco dell’Atlantico nella sua lunghezza, tra il caos di Firmamento e quello di Questo scontro tranquillo. Quasi trasfigurato da questa nuova ondata di consenso e musica disco-pop, si relaziona ingenuamente con il microfono, lasciando dietro di sé una scia di “scontri e di feste”. Tra scosse e salti, le parole si perdono irrimediabilmente nella musica: una bella sfida per chi è venuto qui a cercare una nuova forma di melodia all’italiana.
Ritorna il Punk, ma stavolta è Sentimentale. Seguono C’eravamo abbastanza amati, e la “Dedica agli anni ’90” I Sonic Youth, che rinnovano il dialogo fra un passato attuale e un presente nostalgico. Le canzoni corrono veloci fra il palco e la chitarra, ma Piromani intercetta un’emozione generale: a questo manifesto della poetica di Brondi, se davvero ne esistesse uno, fanno da titoli di coda le voci di Paul e Madeleine ne Il maschio e la femmina di Godard. Prima di tirare il fiato ci sono ancora un paio di pezzi: Le ragazze kamikaze comincia all’improvviso e 40 km chiude il primo tempo rievocando i viaggi terrestri e stellari che affollano i testi di questo disco e dei precedenti. Una pausa che non è altro che uno spiraglio di oscurità, prima della climax di emozioni e illuminazioni del finale.
L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici, Quando tornerai dall’estero, Per combattere l’acne hanno subito riarrangiamenti determinanti ed espressivi. Tocca a I destini generali, primo singolo estratto da Costellazioni, mettere la parola fine a questo incontro tra Vasco Brondi e il suo variegato pubblico, mentre piovono altri incoraggiamenti “E come sempre vi auguriamo di correre, di avere freddo ogni tanto, di dormire vestiti e di fare quello che volete”. Dopo un’ora e mezzo fitta di musica, Vasco si congeda esibendo onestamente una partecipazione e un entusiasmo condiviso dai suoi musicisti, dopo aver impresso nella sue canzoni “il soffio della vita”. “Sono due anni che non faccio concerti e non vedo l’ora di ripartire”, aveva detto circa un mese fa al Rolling Stones.