L’Atac sospende i minibus elettrici fra disagi e polemiche
È ufficiale: da lunedì mattina, le linee di bus elettrici 116, 117, 119 e 125 sono state sospese dall’Atac fino a data da destinarsi e le sessanta navette – acquistate con fondi europei e costate circa 250 mila euro l’una – abbandonate in deposito. La causa?
Un contenzioso, trascinatosi a lungo e culminato in questa scomoda decisione, tra l’azienda di trasporti pubblici della Capitale e Tecnobus, fornitore dei servizi di manutenzione. Al centro della diatriba, una pessima gestione dei contratti d’appalto e il precoce deterioramento delle batterie che alimentano i minibus, esauritesi in tre anni a dispetto dei cinque previsti dal contratto. Per questo motivo, già dall’inizio di marzo, circolavano soltanto 26 veicoli su 60. Entrambe le aziende si sono cimentate in un feroce ping-pong senza esclusione di colpi, scaricando l’una sull’altra la responsabilità legale della situazione. Infine, Teconbus depone le armi, e l’Atac, di conseguenza, annuncia il ritiro dei mezzi, non prima di diffidare formalmente Tecnobus a proseguire l’assistenza, pena la denuncia penale per interruzione di pubblico servizio.
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Come da copione, a farne le spese maggiori saranno i passeggeri, romani e stranieri, che facevano affidamento sull’efficienza di quei piccoli e scaltri mezzi elettrici, in grado di garantire il trasporto pubblico nel centro storico e di destreggiarsi tra le anguste stradine, impraticabili per gli autobus, che si dipanano nelle zone di piazza di Spagna, via del Corso, S. Giovanni e Trastevere. Le esigenze di migliaia di utenti sono state liquidate dall’Atac con poche righe, laconiche e approssimative, affisse alle fermate (e neanche a tutte) e pubblicate nella pagina on line di muoversiaroma.it: “Le stesse destinazioni delle linee 116, 117, 119 e 125 saranno garantite dalla rete di bus, tram e metropolitana”. In un comunicato, sono inoltre specificati i percorsi alternativi per i passeggeri. Tali misure sono state accolte con sarcastica rassegnazione dagli scettici residenti dei rioni interessati, rimasti, da un giorno all’altro, senza mezzi pubblici di riferimento e costretti a spostarsi a piedi o in automobile. Per non parlare dei disagi per i turisti, spaesati e confusi, poiché il disservizio coinvolge proprio le aree di Roma più celebri e interessate dalle escursioni turistiche e i ‘cartelli’ con gli avvisi, laddove presenti, sono scritti esclusivamente in italiano.
Niente di nuovo, verrebbe da pensare. L’ennesimo provvedimento sconclusionato che non farà che peggiorare la già disastrosa situazione dei trasporti capitolini; una ‘soluzione’ attuata e annunciata con l’abituale noncuranza nei confronti dei bisognosi fruitori e che suona tanto come un: “Le cose da oggi stanno così: organizzatevi di conseguenza”. Ma che ne sarà, inoltre, di promettenti iniziative e ammirevoli progetti quali il Piano generale del traffico, elaborato dall’assessore Guido Improta insieme all’Atac, che prevedeva zone a emissione zero nel centro storico, offlimits a tutti i veicoli eccetto, appunto, quelli elettrici, destinati addirittura a un incremento? E le pregevoli velleità ecologiche, tese a rendere più salubre l’ambiente della Capitale, che avevano fatto di Roma la città europea con la maggior circolazione di veicoli elettrici? Tutto destinato a sgretolarsi e dissolversi nel flebile miraggio di una malinconica utopia dalle pile scariche… proprio come i minibus!