I Toy al Circolo alla conquista della capitale
Li avevamo visti poco più di un anno fa al Circolo degli Artisti presentare il loro primo omonimo album, giovani e timidi: i Toy ritornano in Italia, dopo una fugace apparizione come band di supporto al tour dei Placebo, per presentare di nuovo al Circolo della capitale il loro nuovo album uscito alla fine del 2.013 dal titolo Join the Dots.
Li avevamo visti poco più di un anno fa al Circolo degli Artisti presentare il loro primo omonimo album, giovani e timidi: i Toy ritornano in Italia, dopo una fugace apparizione come band di supporto al tour dei Placebo, per presentare di nuovo al Circolo della capitale il loro nuovo album uscito alla fine del 2.013 dal titolo Join the Dots.
Strana sorte quella dei secondi dischi, un po’ come quella dei secondi figli, fatto sta che dopo l’esordio fulminante di Toy, i cinque giovanotti londinesi si sono ripetuti mettendo d’accordo pubblico e critica grazie a questo strano miscuglio che è il loro sound: kraut rock–shoegaze– e new wave post-punk a un primo ascolto appaiano lapalissiane, ma è proprio la sintesi tra questi elementi a non creare veri e propri punti di riferimento. Una miscela esplosiva capitanata dall’esile e delicata voce del timido Tom Dougall (un perfetto dandy che ricorda il primo Aschroft dei Verve) che alle 22.40 in punto e pronto a dar sfoggio di sé davanti a un pubblico incuriosito che riempie quasi tutto il locale nonostante si trattasse di un normale lunedì di marzo. E allora giù con Conductor, opening track di Join the Dots, strumentale e psichedelica con basso, chitarra e tastiera a briglie sciolte, con i nostri schierati in orizzontale a ricordare gli Horrors come impatto visivo, ma diversi nell’evolversi della serata che prosegue spedita nonostante l’acustica ne penalizzi non poco il prodotto finito. Si torna al passato con Colours running out, per poi re-immergersi nella sincopata Too far gone to know, forse il pezzo migliore della loro nuova produzione, con la sua sontuosa tastiera a scandirne l’incedere.
Nella penombra fumosa e volutamente eccessiva i virgulti accennano timidamente un thank you tra un pezzo e l’altro e si avverte chiaramente un certo impaccio-distacco nei loro modi, ma il pubblico sembra gradire sciogliendosi alle prime note della sonicyouthiana Dead and Gone, vero e proprio manifesto ipnotico del loro album di esordio, tributando il meritato applauso dopo gli oltre sette minuti di melodia e sano noise. Qualche digressione pop con You won’t be the same ed Endlessly melodicamente accattivanti con riff ballabili cesellati dalla costante presenza di basso e batteria veri perni solidi sui quali le due chitarre si inseriscono arricchendo il loro suono di qualcosa di unico e personale. Dopo le iperboliche digressioni shoegaze di Kopter, traccia conclusiva di Toy, con i nostri a testa bassa a pompare sulle sei corde in un incalzante e frenetico martellamento, il concerto scivola via tra una melodia e un riverbero compiendosi nel trittico finale che lascia la vera impronta a un pubblico sempre meno scettico e sempre più coinvolto.
Si parte con la ballata My Heart Skips a Beat, languida e scandita dalla splendida tastiera della spagnola Alejandra Diez bellissima nel suo abito rosso e anima pulsante del suono della band, per proseguire con l’adrenalinica Motoring, i cui arpeggi ricordano sempre più Thurston Moore e i cui riff seventies ti entrano nelle vene, e la fantasmagorica title-track Join the Dots che permette libero sfogo ai nostri che liberano le loro chitarre tra distorsioni e scariche di anfetaminico rumore scuotendo la platea per poi congedarla . I Toy escono alla chetichella non salutano, non concedono bis e dopo un’ora e venti scarsa mollano gli strumenti e ci dicono goodbye, cosa opinabile e fastidiosa ma rituale in molte band emergenti. L’impressione che si ha lasciando il Circolo degli Artisti è che Dougall e soci ci sappiano fare davvero, la band appare solida e molto matura nonostante la giovane età, li aspettiamo al varco perché l’asticella delle aspettative da oggi in poi sarà sempre un gradino più alta.