Alessandro vince la sfida ‘contro’ Riccardo (ruolo che per antonomasia non ha abiti comodi da offrire all’attore e col quale si deve dunque prima lottare) fino a trovare felicemente il “suo” Riccardo, di cui cura una regia ispirata e una grande interpretazione. L’allestimento è grandioso e magnifico; scenografie, luci e videoproiezioni incantano letteralmente. L’impatto visivo della scena è studiato con nitidezza computer-grafica, dinamismo cinematografico e intimità tutta teatrale. Lo spazio scenico è sapientemente diviso in spazi sovrapposti che si alternano attivati nei cambi luce, si sfrutta poco la profondità (probabilmente anche per l’ampio ed efficace ricorso ai teli di retro-proiezione), dalle suggestive esterne del bosco si torna nei luoghi conosciuti, come la sala del trono e la torre, con passaggi registici quasi perfetti. Gli attori come nature vive dentro affreschi armoniosi e potenti, interattivi nell’uso intelligente, perché non spinto all’eccesso, delle comparse, cortigiani e soldati, pre-registrati e proiettati direttamente in scena. Prevale il gotico, i colori freddi, i costumi e gli oggetti in un fortunato e consolidato equilibrio tra l’ambientazione originale della Guerra delle due Rose e gli inserti primo-novecenteschi. Il testo tradotto e adattato da Trevisan, eccede forse in certi tagli iniziali penalizzando alcune scene del primo atto, dosa per il resto con efficacia il linguaggio classico, quello contemporaneo e gli immancabili inserti Pop senza i quali, da qualche anno a questa parte, a Shakespeare sembra sia ormai proibito presentarsi nei teatri.
{ads1}
Gassman è bravo abbastanza da non evocare paragoni: è un piacere sufficiente osservarlo in scena che non c’è voglia né ragione di pensare ad altri. In lui la deformità di Gloucester si manifesta per eccesso, sfrutta ed esaspera la propria notevole statura fisica, lavora per irrigidimenti, sforzi e spasmi, non per contrazioni e curvature. Il suo corpo è più di un corpo umano, la naturalezza dei movimenti è impedita dall’esoscheletro mostruoso, non da mutilazioni e deformità intese in senso comune: ad affliggere questo Riccardo è una corazza, più che un handicap o una storpiatura. Tutte le tensioni di questa gargantuesca impossibilità al movimento armonico si scaricano nelle evoluzioni della voce, quasi irriconoscibile, e soprattutto delle mani, con esse Gassman è tanto bravo da creare spesso uno spettacolo di burattini a sé, un terzo linguaggio col quale arricchire la sua già notevole presenza scenica. Eppure nello straordinario lavoro sul corpo di gigante, l’attore e regista non sembra cercare tanto il Frankestein, quanto il robot e la marionetta. Perfino in certe sfumature interpretative quasi infantilistiche questo Riccardo ricorda un Pinocchio spezzato e mostruoso, d’una malvagità tanto più violenta e capricciosa in quanto non del tutto adulta. Del mostro manca la componente erotica, e di questa assenza la scena della seduzione di Lady Anna risentirà in negativo, così che a maggior ragione il male che egli cagiona è la pura distruzione di chi non sa neppure possedere. Riccardo ci appare dunque immorale non come colui che la morale si sia lasciato alle spalle, ma come quello che non ne abbia mai davvero sviluppata una. Non il sesso, non il denaro, non il comando, ma il potere per star sopra e al centro e, infine, inevitabilmente star solo. Il resto del cast è all’altezza, qualità, esperienza e inventiva non mancano. Brillante Marco Cavicchioli nei ruoli di Clarence e Hastings, debole in qualche passaggio Sabrina Knaflitz nei panni di Lady Anna. Seppur tutti su un livello alto, in generale e molto sommariamente, meglio gli attori che le attrici.
Con un’operazione simile a quella fatta negli anni novanta da Al Pacino e Kevin Spacey, dalle riprese effettuate durante la preparazione di questo spettacolo è nato un documentario proiettato al Torino Film Festival e al Festival del Cinema di Roma, in cartellone nei cinema limitrofi ai teatri toccati dalla Tourné. Lo spettacolo teatrale vero e proprio sarà ancora a Roma, sempre al Teatro Argentina, fino al 6 Aprile. In questo caso, una volta di più, andare a teatro è farsi un regalo.