Il “bullo” e la scuola

Purtroppo ancora oggi il bullismo è un fenomeno assai diffuso. Gli episodi di bullismo non si registrano solo nelle aule dei ragazzi più grandi. Già a partire dai bambini, quelli piccoli, basta domandare ad uno di loro per riscontrare un episodio di bullismo: c’è la bambina “debole” che si lascia trasportare dalla più forte in maniera incondizionata, oppure il bambino che viene deriso e schernito dagli altri.

Insomma un fenomeno che fa sempre più parte della quotidianità. Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. E questa sappiamo essere una pratica quotidiana nelle nostre scuole. Un comportamento da “bullo” è un tipo di azione che è indirizzata a far del male o danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi e persino anni, ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime, solitamente le vittime sono persone deboli, ma non è sempre così. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere, e di abuso si tratta, e un desiderio di intimidire e dominare. Il fenomeno del bullismo non è assolutamente da sottovalutare, anzi, interviste e rapporti possono aiutare a dar vita ad una strategia di contrasto e a conoscere dall’interno tutte le dinamiche che lo caratterizzano. L’azione del bullo nei confronti della vittima è compiuta in modo intenzionale e ripetuto. Per parlare di bullismo non è sufficiente quindi che si verifichi un singolo episodio di prevaricazione tra studenti, ma deve crearsi un tipo di relazione che diventa cronica e dà luogo a dei ruoli ben definiti: il ruolo di chi subisce le prepotenze, la vittima, e di chi ne è artefice, appunto il bullo. Per parlare di bullismo deve esserci comunque un’asimmetria di ruoli, un debole e un forte.

Inoltre anche l’area di docenza ha un certa importanza: sembrerebbe infatti che ad accorgersi maggiormente delle prepotenze e intervenire siano gli insegnanti più giovani, quando con tutta probabilità quelli più anziani saranno abituati a tali episodi nel corso della loro carriera, ormai da tempo. I docenti hanno segnalato la prevalenza della prepotenza come risposta a provocazioni (52%) seguite dalla negazione del problema (22%) e dal rifiuto di spiegazioni (16%), che è maggiore verso le insegnanti donne e gli insegnanti giovani. Ciò potrebbe, secondo gli osservatori, far pensare ad una maggior autorevolezza dell’insegnante maschile e di quello che ha maggior anzianità di servizio. Le reazioni dei ragazzi raccolte dagli insegnanti in risposta al richiamo effettuato per atteggiamento prepotente riguardano prevalentemente il dare la colpa agli altri (56%), l’assumere un atteggiamento di sfida (47%), il negare il problema (36%), il giustificarsi (33%). Insomma un ragazzo poco disposto a riconoscersi responsabilità (6%) che cerca anche l’appoggio del gruppo ottenendolo nel 21% dei casi. Secondo gli insegnanti una strategia di risposta sarebbe quella di essere più severi e far riflettere i ragazzi sulle situazioni accadute. Emerge dal pensiero dei docenti che con i ragazzi bisogna dialogare e si deve comprenderli, ma nel medesimo tempo occorre essere fermi. Infatti, sempre gli insegnanti più giovani prevalgono in fermezza mentre gli altri esprimono in maggioranza la necessità di dialogare. In seguito ad un’indagine fatta in una scuola, per cercare attraverso la sensibilizzazione sul tema del bullismo delle strategie di contrasto, moltissimi ragazzi hanno riportato vari episodi, come ad esempio: “Nella mia classe – racconta un ragazzo – c’è un ragazzo che viene spesse volte preso in giro per i suoi difetti e lui purtroppo è impotente e si mette anche a piangere”. E ancora: “Sono sempre stato al centro di prepotenze, se così si possono chiamare. Probabilmente ispiro violenza, calci, pugni, spesso per giocare, ma non sempre. Ormai, grazie alla mia crescita nessuno si azzarda più a farmi niente e non perché io a mia volta ho fatto prepotenze sulle persone, ma semplicemente perché le persone si sono accorte che non accetto più ingiustizie, né fatte a me né agli altri.”

È stato poi notato che il bullismo femminile è ancora peggio di quello maschile, poiché non si fermerebbe a violenze fisiche ma a vere e proprie violenze psicologiche, come atteggiamenti di esclusione dal gruppo, dicerie o manipolazione dei rapporti di amicizia nella classe, come ha raccontato un ragazzo intervistato: “Io penso che quando un tipo simpatico prende di mira un tipo, tutti poi vanno lì e lo picchiano. Ma quando le donne decidono di escludere qualcuno è peggio, perché non la sfiorano fisicamente, ma non ti parlano e tu senti che parlano di te, ma loro fanno finta di niente, poi si inventano canzoni su di te e barzellette. In conclusione penso che sia peggio il bullismo femminile di quello maschile anche perché in quello maschile può intervenire qualcuno ma in quello femminile bisogna soffrire e accettarlo”.

http://www.edscuola.it/archivio/statistiche/bullismo.html

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