Putin, scacco in tre mosse

Domenica scorsa le popolazioni di Crimea, dietro protezione e consiglio di Putin, avevano votato con una maggioranza del 97% la secessione dall’Ucraina, ieri lo Zar  ne riconosceva  l’indipendenza e la sovranità ieri, infine, ne siglava l’annessione alla Russia assecondando l’esplicita richiesta della stessa Crimea.

  Mentre la Duma applaude il ‘leader di tutti i russi’, in soli tre giorni è cambiata la cartina d’Europa. Vladimir Putin, quello stesso che secondo la Merkel è fuori dalla realtà,  ha plasmato la realtà geopolitica del Mar Nero senza sparare nemmeno un colpo. Tre mosse ben pianificate e scacco matto. All’Ucraina non resta che dichiarare guerra coi carrarmati che non ha, per riprendere il controllo di una penisola i cui cittadini  non la vogliono, oppure, in alternativa, rivolgersi ai suoi potenti  alleati occidentali per ottenere aiuto.  Per ora, mentre il presidente russo sparecchiava il tavolo da ogni ambiguità sulla propria determinazione, gli USA e la UE hanno partorito ritorsioni terribili come l’ostracismo dalle riunioni del G8 e le sanzioni contro qualche decina di cittadini russi e tartari, dimenticando che la Federazione Russa vanta una popolazione di quasi 150 milioni di persone distribuite su un territorio vasto quanto il Sud America.   Putin, lasciando che l’ovvio sconfinasse nel sarcasmo, si è limitato a definire le sanzioni ‘ridicole’.  Il consigliere del  Cremlino Vladislav Surkov, uno dei cittadini russi oggetto delle sanzioni e già stratega politico di Putin,  ha proposto gli USA per l’oscar come “miglior attore politico non protagonista”. Provocazioni a parte, è difficile comprendere quanto gli Stati Uniti abbiano sostenuto fin dall’inizio l’insurrezione contro Yanukovich o quanto  si siano limitati ad appoggiarla a posteriori, fatto è che oggi le fazioni ultra-nazionalistiche e cripto-fasciste al potere in Ucraina non rappresentano un partner politico affidabile in prospettiva, tantomeno nel quadro di una eventuale escalation sul modello della Guerra Fredda, già evocato nei giorni scorsi da Hilary Clinton. Obama ne è cosciente e ha già dichiarato che gli USA non si faranno coinvolgere in nessun intervento militare in Ucraina.

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Il quadro strategico si sposta adesso su gli altri paesi dell’orbita russa,  in cui gli USA temono un processo di ricostruzione imperialistica che riavvolga il nastro della storia sulla dissoluzione post-sovietica. Dall’enclave europea di Kaliningrad fino alle repubbliche baltiche e alle aree del caucaso, le popolazioni russofone potrebbero destabilizzare interi quadranti alle porte d’Europa o in aree ricche si risorse energetiche strategiche. Questo il motivo per cui il vice-presidente Biden ha paventato l’ipotesi di inviare truppe nel baltico a tutela della stabilità dell’area.  Per evitare l’escalation adesso sarà fondamentale che il processo di smobilitazione militare ucraina dalla Crimea avvenga in maniera del tutto rapida e incruenta,  mentre già le basi ucraine sono oggetto di irruzioni da parte di miliziani locali e dei soldati russi.  Se ciò non avvenisse e il governo Ucraino dovesse cedere alle provocazioni, probabilmente Putin ne approfitterebbe per alzare la posta nell’Ucraina nord-orientale, dove la popolazione filo-russa è largamente maggioritaria, ad esempio nell’area di Donetsk.  

Se gli americani, nel nuovo equilibrio multipolare, si stanno rivelando incapaci di agire efficacemente in un’area così vicina alla sfera di influenza russa, l’Europa è addirittura incapace di assumere alcun ruolo che non si limiti a produrre tiepide condanne su una crisi che si svolge ai propri confini e che essa stessa ha contribuito a esacerbare. Privi di una reale deterrenza militare, di una qualsiasi unità politica e incapaci di aiutarsi perfino tra loro, gli stati europei non rappresentano un’alternativa per la nuova coalizione governativa Ucraina. Il capitale russo, ha siglato in questi anni importanti  partnership commerciali con le aziende europee (da ultime Saras e Pirelli, solo in Italia) e i gasdotti di Mosca coprono circa il 27% del fabbisogno energetico dell’Unione e ben oltre il 30% di quello italiano. Scacco matto, abbiamo detto,  ed è meglio che il mondo ne prenda atto studiando fin da subito un nuovo equilibrio geo-politico pacifico, ogni alternativa porta verso un’escalation che nessuno sembra potersi permettere. E su questa consapevolezza, lo zar, ha costruito la propria strategia vincente.

 

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