Stage retribuiti, l’Europa può attendere
Sono talmente tanti che è impossibile censirli, eppure gli stagisti restano ai margini del lavoro come della politica, ignorati da un’Europa che non si è preoccupata di difenderne la retribuzione. Sarebbe stato bello se Renzi e la Merkel ne avessero parlato nel loro primo incontro ufficiale ma il tema è rimasto sospeso.
Penne frementi attendevano il vertice di Berlino tra Matteo Renzi e la cancelliera di ferro Angela Merkel e fiumi d’inchiostro hanno svelato tutti i dettagli dell’incontro, fino alla giacca abbonata male del nostro giovane premier. Renzi si è presentato parlando dei compiti a casa che l’Italia si impegna a svolgere, ha illustrato (stavolta senza slides) i suoi piani di riforme, tranquillizzando la Germania come ha potuto, e tanto è bastato a lasciare la Merkel «impressionata» dal «cambiamento strutturale» prefigurato per il nostro paese. Interrogazione superata per Renzi, che al Tg5 aveva dichiarato che «non siamo somari da mettere dietro la lavagna». Per andare bene all’interrogazione non è neanche servito partire da un argomento a piacere. Proprio stavolta che l’Italia ne aveva uno, cioè l’attenzione riservata agli stagisti e al loro diritto a un rimborso spese, argomento con il quale potevamo permetterci di essere d’esempio in Europa, ma forse non era il caso di indispettire la Germania con arroganti pretese. {ads1}
L’Europa con i tirocinanti è stata talmente superficiale che l’Italia, che non è propriamente l’Eldorado, passa quasi per un paese all’avanguardia. Il quadro di qualità dei tirocini approvato a Bruxelles lo scorso 10 marzo lascia a se stesso il far west degli stage apportando solo qualche piccola modifica (l’accordo deve essere scritto e deve indicare obiettivi e durata, comunque non superiore ai sei mesi), tuttavia nelle raccomandazioni manca un punto fondamentale: quello del rimborso spese. Perché se per quanto riguarda i tirocini curriculari il corrispettivo del lavoro prestato può essere in qualche modo quantificato in formazione e cfu, quando si tratta di esperienze post lauream non è accettabile lavorare per la gloria, nella vana e illusoria speranza di un’assunzione. In Italia una norma che obbliga al rimborso spese c’è già: la legge n. 92 del 2012 (la riforma Fornero) stabilisce che che per stage e tirocini extracurriculari deve essere previsto un rimborso spese, fissato dalle singole regioni ma comunque non inferiore ai 300 euro. Questo però a livello europeo non è stato recepito e si è scatenata l’ira di molti. «Siamo delusi, questa è una chiara incapacità di affrontare una pressante richiesta proveniente dai giovani europei, in un momento in cui vivono in una condizione particolarmente vulnerabile a causa della crisi economica» ha denunciato Giuseppe Porcaro, segretario generale dell’European Youth Forum, presentando una lettera di condanna che vede le firme anche del Forum nazionale dei giovani, della Repubblica degli stagisti, dell’European Students Union, dell’Erasmus Student Network e della Génération Précarie.
Di tutto questo Renzi non ha osato parlare con la Merkel. Chissà se domani, quando volerà al Consiglio Europeo a Bruxelles, troverà il modo di parlarne con il presidente della Commissione Barroso, chissà se troverà le parole per dirgli che è inaccettabile che proprio in Belgio, dove ci sono le sedi delle istituzioni europee, lavora gratis l’80% degli stagisti. Domani potrebbe essere, per dirla con un abusato hashtag renziano, #lavoltabuona per tirar fuori anche la voce, oltre che i compitini fatti.