La crisi del Fatebenefratelli: tra 170 e 250 i lavoratori a rischio esubero
Lunedì scorso sul lungotevere di fronte all’Isola Tiberina si sono riuniti, di fronte ministero della Salute, circa 300 lavoratori dell’Ospedale S. Giovanni Calibita-Fatebenefratelli, per contestare il rischio di licenziamenti dovuto al dissesto economico dell’azienda sanitaria.
I problemi della struttura ospedaliera sono ormai datati: sono oltre due anni che i dipendenti si stanno adoperando per chiarire e mettere in sicurezza la situazione finanziaria dell’azienda. L’allarme era scattato nell’estate del 2012, quando non erano stati pagati alcuni stipendi. Successivamente l’ospedale aveva dovuto sopportare anche una crisi delle forniture, con conseguente riduzione dei materiale di uso comune e la sostituzione di questi ultimi con altri di qualità inferiore o addirittura scadente. Ovviamente, come succede sempre in questi casi, si erano anche diffuse diverse voci, piuttosto allarmanti, riguardanti un probabile bilancio in rosso, voci che poi si sono concretizzate a metà 2013, quando sono venute fuori le cifre del dissesto: un buco di bilancio pari a 270 milioni di euro.
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Il problema del Fatebenefratelli si divide tra banche (100 milioni), fornitori (100 milioni) e Inps (70 milioni). Come ci è tristemente noto, quando c’è una situazione di esubero, lieve o pesante, come in questo caso, per riportare le casse dell’azienda in positivo si procede con un piano di risanamento che contempla la possibilità di sollevare l’innocente personale dai propri incarichi. Così è accaduto anche per il nosocomio in questione, nel quale ci sarebbero dai 170 ai 250 lavoratori in esubero, dunque a rischio posto di lavoro. Dopo diversi incontri-scontri tra parti sociali e proprietà si è presa la decisione, data la non presenza di un piano di risanamento ufficiale, di rendere più visibile la grave situazione dei lavoratori, organizzando la manifestazione per difendere i posti di lavoro a rischio. Tra gli striscioni presenti, oltre alle bandiere della Cgil e dell’Anmirs, si sono visti slogan come “Siamo delusi, fuori i collusi”, “La proprietà non rovinerà la qualità”, “500 anni di assistenza buttati al fiume” e “I buffi fatti da voi non li dobbiamo pagare noi”. Alcuni cantavano anche “Frate Ciao” sulle note di “Bella Ciao”.
Il segretario generale della Cgil Fp Roma centro-ovest litorale, Enrico Gregorini, ha dichiarato: “Non accettiamo il piano industriale in cui sono stati previsti circa 200 licenziamenti: i guai finanziari non possono pagarli i lavoratori”. E poi ha anche precisato che “i lavoratori vogliono sapere come si è creato questo buco”. Dopo l’incontro al dicastero, Gregorini ha riferito che chi di dovere sta seguendo la situazione e sensibilizzerà la Regione e la proprietà per trovare una soluzione. Nel frattempo il Fatebenefratelli, in un comunicato, ha reso noto che il piano industriale è pronto, e sarà presentato nei prossimi giorni in un tavolo di confronto tra Regione, sindacati e proprietà religiosa. Inoltre, sempre nel comunicato, si legge anche che “la proprietà ricorda che le ragioni dello stato di crisi e alcuni contenuti del piano in presentazione erano già stati anticipati nelle linee generali ai lavoratori con l’accordo di presentarlo alla Regione. Il dialogo è sempre stato e rimane aperto: iniziative di protesta come quella di oggi, che tra l’altro non riguardano tutti i lavoratori ma solo alcune sigle sindacali, continuano a non favorire il confronto costruttivo”. Intanto i dipendenti sono in fibrillazione perché, se non arriveranno i finanziamenti dalla regione, l’ospedale sarà necessariamente obbligato ad un ridimensionamento delle attività: niente servizio psichiatrico, niente dialisi e centro trasfusionale.