Nessuna preferenza per l’Italicum

Il progetto di Renzi di una riforma al mese era accattivante, non c’è che dire, ma il governo è quello che è, così come il Pd, ed ecco che alla prima prova, quella della legge elettorale, nel Partito Democratico si è già aperta una pericolosa faglia: l’emendamento sulle quote rosa non passa, le liste restano bloccate e si torna a parlare di franchi tiratori. Bene o male che sia, l’accordo con Berlusconi tiene e l’Italicum è pronto

È storia di appena un giorno la spaccatura in materia di parità di genere ma l’Italicum continua a dividere e si accinge ad imperare. Il nuovo nodo è la questione delle preferenze. Per porre rimedio all’incostituzionalità delle lunghe liste bloccate del Porcellum, l’Italicum propone delle mini liste che comunque privano i cittadini della gioia – e dell’onere – di scegliere i propri candidati. L’emendamento di Fratelli d’Italia che proponeva di introdurre le preferenze è stato bocciato, con 299 no, 264 sì e un astenuto, dunque con uno scarto poco significativo, che confessa un certo imbarazzo interno al Pd nel suggellare il patto di ferro Renzi-Berlusconi in difesa dei nominati dall’alto. A deviare dalle indicazioni di partito il lettiano Francesco Boccia, che aveva già lasciato intuire in Aula le sue intenzioni di voto annunciando che «non sostenere le preferenze è una scelta ipocrita». E scelta ipocrita è stata, con annesse spaccature interne, ma per il bene supremo: il varo della legge elettorale. Questo più o meno il ricatto di Renzi.

Già la bocciatura degli emendamenti sulle quote rosa aveva infiammato trasversalmente gli animi e acceso variopinte discussioni. Da un lato c’è chi, in nome di una meritocrazia senza sesso, sostiene che le quote rosa sono a loro volta discriminatorie perché proteggono un gruppo, di fatto separandolo con apposite norme; dall’altro fronte risponde una voce che denuncia questo tipo di retorica del merito che negli anni ha avallato una sotto rappresentanza del genere femminile. Posizioni ideologiche entrambe legittime che tuttavia diventano quasi accessorie alla luce dell’altro emendamento bocciato, quello delle preferenze. In che modo si difende la meritocrazia, universalmente riconosciuta come il bene supremo, se le liste sono bloccate? Che le donne in Parlamento siano il 40, il 50 o il 60%, il punto è non verranno scelte dagli elettori ma appositamente selezionate dalle mani di un apparato di partito, ancora in larga parte declinato al maschile e che in più di un’occasione ha mostrato di avere più interesse a “piazzare” un’igienista dentale che una fine economista.

Sul mancato voto per la parità di genere si infuria Rosy Bindi, che si sente tradita dai deputati del suo partito che nel segreto dell’urna hanno bocciato il provvedimento e, richiamando a memoria una pagina nera del Pd, si sfoga: «Siamo ancora ai 101? Siamo ancora a quella storia lì?». E il numero dei franchi tiratori che affossarono Prodi riaffiora, bruciante, al momento del voto dell’emendamento chiave dell’Italicum, il quale ottiene solo 315 voti, con proprio 101 sì mancati (di cui 34 erano assenti e 16 in missione). Di riffa o di raffa l’emendamento passa e questi saranno i numeri dell’Italicum: per ottenere seggi servirà il 4,5% dei voti ai partiti in coalizione, l’8% a quelli non coalizzati, il 12% alle coalizioni. Per ottenere il premio di maggioranza sarà necessario il 37% delle preferenze, altrimenti si andrà al ballottaggio. Sperando che vinca il migliore.

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