Roberto D’Alimonte: Italicum e non Italicum

Il suo nome è diventato familiare anche a coloro per cui la politica rimane un mistero. Collaboratore di Renzi nella stesura del famoso “Italicum”, del quale, in questo periodo, non si può proprio fare a meno di parlare, Roberto D’Alimonte è un politologo con un background culturale di tutto rispetto e un curriculum invidiabile. Una figura sobria, occhiali stondati ed un’estrema pacatezza nello spiegare i propri punti di vista.

Nonostante i modi alla mano, diventa estremamente serio e preciso quando si parla di politica. A chi lo ha attaccato per aver modificato le sue posizioni iniziali riguardo alla legge elettorale, ha risposto definendosi una persona “realista”.
Attualmente dirige il Centro Italiano Studi Elettorali (CISE) e insegna presso l’università Luiss Guido Carli, oltre a collaborare con Il Sole 24 Ore. {ads1}

Lei ha 20.400 followers su twitter e ha scritto la postfazione del libro di Lucchini e Matarazzo. In Italia la rete aiuta a spiegare la politica ai cittadini o è solo un mezzo per la manipolazione delle masse?
«La risposta è: entrambe le cose. Del resto sono caratteristiche comuni a tutti i mezzi di comunicazione, non solo all’utilizzo di Internet. In prospettiva, però, i benefici saranno probabilmente superiori rispetto agli svantaggi della manipolazione».

Qual è il modello di legge elettorale che avrebbe prediletto?
«Il modello che preferisco è quello francese basato su collegi uninominali e doppio turno. Questo tipo di sistema elettorale non è approvabile in Italia perché Berlusconi non lo gradisce. Pertanto, la mia seconda preferenza si è rivolta verso la possibilità di modificare il Porcelllum, prevedendo una soglia minima del 40% per fare scattare il premio e, in caso questa non venisse raggiunta, il doppio turno. Il premio di maggioranza avrebbe portato al 55% dei seggi il partito o coalizione con la maggioranza relativa dei voti».

Cos’è effettivamente previsto con l’Italicum?
«La mia proposta è stata incorporata nell’Italicum con alcune differenze. Infatti, la soglia è del 37%, mentre il premio corrisponde al massimo al 15%. Questo vuol dire che vi è una forbice che va dai 321 ai 340 seggi attribuibili al vincitore. Nella mia proposta 340 era il minimo, mentre in questo caso è il massimo. A Berlusconi non piace il doppio turno e lo ha accettato solo grazie ad una soglia bassa come quella del 37% perché spera di vincere al primo colpo».

Tale legge può essere considerata una soluzione ai problemi della politica italiana?
«La riforma della legge elettorale rappresenta solo un punto di partenza. L’Italicum è sicuramente migliore dell’attuale legge elettorale, quella che ci ha relato la Consulta, ma da solo non basta. Da un punto di vista istituzionale sono necessari anche il superamento del bicameralismo, l’aggiustamento del rapporto tra stato e regioni, la riforma dei regolamenti parlamentari, ma anche dei sistemi elettorali e dei regolamenti consiliari nelle regioni, nonché la riforma della par condicio. Devo andare avanti?»

Ritiene che l’attardarsi dell’approvazione della legge possa costituire una sconfitta per Renzi?
«Io pensavo che fosse opportuno prendersi del tempo per mandare avanti, contemporaneamente, la riforma del Senato e quella del sistema di voto. Renzi ha preferito incassare l’Italicum dimezzato».

Come commenta le consultazioni tra Renzi e Grillo?
«Io non mi aspettavo niente di più di quello che è successo. Renzi ha come obiettivo quello di strappare voti a Grillo. Molti hanno votato quest’ultimo per mancanza di alternative e lui questo lo sa bene. Grillo ha accusato Renzi di aver copiato il 50% del suo programma da quello dell’M5s, ma la verità è che Renzi ha capito prima degli altri che alcuni temi esposti da Grillo stanno a cuore alla gente e, così, li ha fatti propri. Da parte sua, Grillo attende sulla riva del fiume che passi il cadavere della attuale classe politica : la sua è una strategia solitaria, che punta sulla crisi finale di questa classe politica».

La Luiss Guido Carli ha recentemente rafforzato la propria campagna pubblicitaria tappezzando di manifesti le principali città italiane e puntando sui propri docenti. Tra i nomi di punta c’è anche il suo…
«Davvero? Mi fa piacere, ma scopro questa cosa grazie a lei. Certamente penso che, anche da un punto di vista pubblicitario, ci voglia molto di più del mio nome per ottenere adesioni».

Spronerebbe oggi un ragazzo a percorrere la carriera di scienziato politico?
«Lo studio della politica è bellissimo ed io mi sono divertito molto. Ovviamente è una scelta personale che varia in base agli obiettivi che ci si prefigge. Dobbiamo distinguere tra studio della politica e il politico di professione. Oggi necessitiamo di persone che aiutino a capire cosa sta succedendo sul piano della politica e ne studino i processi. Ma abbiamo anche bisogno di persone capaci che si impegnino in politica. Se poi lo fanno dopo averla studiata meglio ancora».

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