La sfida dello sport popolare

Quello che i poteri forti non fanno, è guardare oltre. Il vertice estende il controllo dall’alto verso il basso: sistematicamente finanzia, manovra, conserva, per conservare il proprio status e l’equilibrio prescritto. Chi non ambisce invece a costruire un potere, ma un cambiamento; chi immagina società dinamica, fondata sullo scambio, sa guardare ben oltre.

Dal basso verso l’alto si eleva il contagio positivo di uno sguardo volto ad un obiettivo condiviso e condivisibile, l’unico capace di conquistare un traguardo utile a tutti. Succede nelle città, nei quartieri e nelle piazze che non accettano le mancanze imposte da un’ oligarchia sorda e distante. Succede anche nello sport. Ed è proprio l’idea di renderlo accessibile a tutte le fasce sociali, come veicolo di aggregazione, integrazione, emancipazione e benessere, a guidare lo sguardo sul futuro delle palestre popolari. Un’idea politica nel senso più autentico del termine, in quanto strettamente legata al tessuto umano delle città, in stretta interazione con il territorio. E’ infatti a partire dal recupero e dalla riqualificazione di spazi pubblici abbandonati e in disuso, che in tutta Italia lo sport popolare si è ritagliato i propri spazi, rispondendo al degrado e alla latitanza delle istituzioni locali con occupazioni e lavori di ristrutturazione autofinanziati. 
Nelle sue molteplici ed eterogenee realtà, da nord a sud, lo sport popolare offre competenza, serietà, professionalità; non solo occasioni di socialità quindi, ma anche produttività a livello dilettantistico e competitività a livello agonistico. Una realtà in crescita, che si sta facendo conoscere grazie alle capacità dimostrate da preparatori ed atleti, anche all’interno dei circuiti ufficiali di competizione. Da un bagaglio comune di lotte, resistenze e iniziative, nasce l’esigenza di trasformare queste esperienze in una forza collettiva più solida. Per questo motivo sabato 8 marzo prenderanno parte ad un’ Assemblea Nazionale tante realtà di diversa provenienza come la Rete Romana Palestre popolari e la Spes Fortitude di Livorno; la Boxe Popolare di Cosenza e la Polisportiva Popolare di Trapani; la Palestra Popolare TPO di Bologna; la Polisportiva Indipendente Vicenza; la Polisportiva Assata Shakur di Ancona e la Palestra Popolare Perugia. Con loro anche l’ Antifa Boxe di Torino; la Palestra Popolare Paci Paciana di Bergamo; l’ Antifa Fight Club di Palermo e la Polisportiva Popolare Zam di Milano; la Palestra Popolare di Rovato e altre strutture in corso di adesione. Un’iniziativa promossa ed ospitata dalla Palestra Popolare Valerio Verbano di Roma con l’ambizione di creare un coordinamento nazionale: al dibattito sono invitate a partecipare tutte le realtà delle palestre popolari, le associazioni sportive e le polisportive. 

Lo sport popolare rifiuta a gran voce tutte quelle dinamiche opache di potere, prevaricazione e mercificazione proprie dello sport main stream e delle grandi federazioni che se ne spartiscono il business. Tuttavia, chi lo porta avanti da anni, sa che con queste realtà ufficiali è necessario in qualche modo fare i conti, per ottenere stimoli, spazio e riconoscimenti, su un <<terreno laddove è possibile mostrare a tutti che un altro modello di partecipazione allo sport è possibile>>. Infatti, entrare in contatto con le dinamiche “ufficiali” non significa necessariamente vendere l’anima al diavolo e lasciarsi soggiogare dallo stesso meccanismo che si intendeva contestare. Significa, al contrario, sapervi portare con coerenza i propri elementi di criticità ed innovazione, per cambiare dall’interno un sistema vecchio e arroccato.
Per ogni sportivo, d’altronde, vincere una sfida significa superare i propri limiti, giorno dopo giorno. Per lo sport popolare, i limiti da combattere sono tutte quelle logiche nazionali che calpestano i veri valori dello sport, trasformando quello che potrebbe essere un diritto di cittadinanza di tutti, in guadagno per pochi.

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