“Quello che resta” della violenza sulle donne
La storia di Stefania Noce, studentessa siciliana uccisa dall’ex fidanzato, viene raccontata da Serena Maiorana, giovane scrittrice messinese, con la collaborazione dell’Associazione antimafie “Rita Atria”. Il libro “Quello che resta. Storia di Stefania Noce. Il femminicidio e i diritti delle donne nell’Italia di oggi” ripercorre la vicenda e attraverso le testimonianze dei parenti e degli amici di Stefania.
Studentessa di Lettere e attivista nel Movimento Studentesco Catanese, Stefania Noce fu accoltellata da Loris Gagliano, ex fidanzato e studente di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma, il 27 dicembre 2011. L’omicidio, avvenuto nell’abitazione di lei a Licodia Eubea, coinvolse anche suo nonno: Paolo Miano, nel tentativo di difenderla, venne ucciso dall’ex fidanzato. Il libro, come dichiarato dall’autrice, ricostruisce la figura di Stefania per mezzo delle testimonianze del padre Ninni e della madre Rosa: una ragazza brillante, impegnata nel sociale, colpevole solo di aver messo fine alla relazione sentimentale con l’assassino. I genitori lo confermano: Loris Gagliano non aveva accettato la separazione, tentando più volte di riconquistare la ragazza. La rabbia verso l’indipendenza, la vena femminista di lei, sembra aver aperto la strada al raptus omicida.
Proprio dagli scritti di Stefania, che arricchiscono il contenuto del libro, si percepisce l’impegno nella campagna per i diritti delle donne, per la parità dei sessi sul lavoro e per la tutela contro il femminicidio. E la protesta contro l’attuale politica: «Uno Stato si racconta attraverso le sue leggi, attraverso i suoi luoghi simbolici e di potere – si legge in un articolo dell’attivista – e il nostro Stato racconta quasi di soli uomini e non racconta dunque la verità. Può un Paese di libere donne e uomini liberi essere governato e giudicato da soli uomini? La risposta è no».
A fare da eco a queste accuse al retaggio politico e sociale italiano è Tiziana Bartolini, direttrice di “Noi Donne”: «Occorrerebbero investimenti solidi e non sporadici, campagne continuative, formazione nelle scuole, dialogo nelle famiglie, una televisione diversa. Se non si opera nel livello culturale, agendo sulle ragioni che inducono gli uomini a essere violenti, i provvedimenti repressivi rappresentano una porzione che appare rassicurante ma che in realtà non incide nei rapporti tra i due sessi e soprattutto sulle cause della violenza». {ads1}
E se la sentenza per l’omicidio di Stefania, emessa dal Gup di Caltagirone Marcello Gennaro, ha sancito l’ergastolo per Loris Gagliano, sono ancora molti, troppi, i femminicidi a rimanere impuniti. E la violenza sulle donne sembra dilagare, sembra essere così frequente da non destare più lo stupore che merita. Secondo il Rapporto Eures, infatti, in Italia tra il 2000 e il 2013 sono state assassinate 2.330 donne, con una media di un femminicidio ogni due giorni. Quello che sorprende, che indigna, è che circa il 71% di questi delitti si sia verificato nell’ambito familiare, da partner rifiutati nell’89% dei casi.
L’esigenza sembra, quindi, quella di tornare a stupirsi, quella di tornare a combattere, con libri come quello della Maiorana, con manifestazioni di protesta, ma – soprattutto – combattere all’interno della propria famiglia, delegittimando la violenza. Per dirla con Stefania Noce, nella presentazione di uno dei suoi articoli: «Queste righe sono per quelle donne che non hanno ancora smesso di lottare. Per chi crede che c’è ancora altro da cambiare, che le conquiste non siano ancora sufficienti, ma le dedico soprattutto a chi non ci crede. A quelle che si sono arrese e a quelle convinte di potersi accontentare».