La seconda guerra di Crimea
“La seconda guerra di Crimea”, forse intitoleranno così un paragrafo di testo scolastico quando l’attualità diventerà storia. Immagini e racconti di quelli da studiare giusto per l’interrogazione e che con un baleno sono resuscitati nella cronaca, cronaca di cui anche l’Italia è chiamata a scrivere la sua pagina. E se Renzi pensava che per fare il premier bisognava pensare alle cose semplici ora si troverà un po’ in difficoltà.
«La guerra di Crimea fu un conflitto combattuto dal 4 ottobre 1853 al primo febbraio 1856 fra l’Impero russo da un lato e un’alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna dall’altro. Il conflitto ebbe origine da una disputa fra Russia e Francia sul controllo dei luoghi santi della cristianità, in territorio ottomano». Così hanno prontamente rinfrescato la propria memoria su Wikipedia quelli rimasti un po’ frastornati nel sentir parlare di Ucraina, di Crimea e di invasione russa. La tensione è ormai esplosa in quell’Ucraina tradizionalmente e dolorosamente lacerata, divisa tra due anime, una che sogna l’Europa e un’altra che parla russo. L’azione di un Putin che aveva già sfidato il vecchio continente in materia di diritti civili ha portato in Ucraina soldati e carri armati per soffocare le rivolte antisovietiche. L’occupazione della Crimea da parte delle truppe russe ha alimentato sollevazioni nel resto del sud est ucraino e la tensione è ormai altissima anche nelle città di Donetsk e Odessa.
Il nostro paese è da anni poco avvezzo a misurarsi con la politica estera, tutto preso com’è dalle sue beghe interne. Se Renzi nel suo discorso d’insediamento ha ribadito più volte la parola chiave “semplicità” adesso le semplificazioni e gli slogan servono davvero a poco e il neo premier dovrà dimostrare che il suo è un governo capace. I primi passi di politica estera del nostro paese sono in realtà decisamente timidi. Il ministro degli esteri Federica Mogherini ha ribadito di voler insistere con la diplomazia: «Stiamo provando a tenere apertala strada del dialogo, come avete visto nei giorni scorsi», posizione confermata dal Presidente del Consiglio: «Non bisogna lasciare nulla di intentato affinché gli sforzi diplomatici per il dialogo proseguano». Più duri tutti gli altri. Il presidente degli Stati Uniti Obama ha usato parole forti al telefono con la cancelliera tedesca, dichiarando che Mosca è «dal lato sbagliato della storia». Secondo il “New York Times” la Merkel dal canto suo avrebbe affermato di non essere sicura che Putin abbia ancora contatto con la realtà e che vive in un altro mondo. Parole schiette e ardite che qui suonerebbero fantascientifiche, nonostante il nuovo e giovane governo.
Solo poco più di un mese fa Renzi alle ‘Invasioni barbariche’ aveva risposto con una certa goliardica superiorità alla domanda su quale fosse un pregio di Letta (allora premier da scalzare): «La politica estera, in quello è bravissimo, lo stimo moltissimo». Come se la politica estera fosse un contentino, un “in educazione fisica è bravissimo” detto ai colloqui insegnanti-genitori a scuola. Ora considerato che un proprio con Putin, quando si è trattato di mostrare la propria determinazione in fatto di difesa dei diritti civili, Letta non è stato fermo come i presidenti di altri paesi, che hanno fatto sentire, a differenza sua, la propria assenza all’inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Sochi, considerato questo, che cosa dobbiamo aspettarci da chi dichiara apertamente di essere ancora meno determinato in politica estera? Intanto le nubi si addensano rapide e nere sulla penisola di Crimea.