Orsay al Vittoriano, capolavori in mostra

Occasione da non perdere per tutti gli appassionati romani d’arte la mostra Museo d’Orsay Capolavori al Vittoriano, curata da Guy Cogeval (direttore del museo francese) e Xavier Rey (conservatore del dipartimento di pittura del museo) che porterà per la prima volta nella Capitale settante opere racchiuse tra il 1848 e il 1916 provenienti dal prestigioso museo parigino.

Occasione da non perdere per tutti gli appassionati romani d’arte la mostraMuseo d’Orsay Capolavori al Vittoriano, curata da Guy Cogeval (direttore del museo francese) e Xavier Rey (conservatore del dipartimento di pittura del museo) che porterà per la prima volta nella Capitale settante opere racchiuse tra il 1848 e il 1916 provenienti dal prestigioso museo parigino.

Culla dell’impressionismo, inaugurato nel 1986 da Francois Mitterand, su cui si erge l’opera di uno dei più grandi architetti nostrani Gae Aulenti che dal 1980 al 1986 riqualificò la ex stazione ferroviaria d’Orsay lavorando all’allestimento del Museo d’Orsay. Ed è proprio alla genesi e successiva apertura di questo meraviglioso spazio espositivo è dedicata la prima parte della retrospettiva con l’ausilio di foto d’epoca e modelli in scala. Cinque le sezioni di questa esposizione che abbracciano un periodo temporale abbastanza esiguo, ma pregno di novità che hanno segnato la pittura moderna partendo dalle opere della seconda metà dell’Ottocento (1860-70) dei cosiddetti Artisti Accademici qui esposti: Cabanel, Bouguerau ed Henner, celebrati e ammirati nelle esposizioni ufficiali e destinati ad una luminosa carriera, ai quali si contrappongono i cosiddetti pittori realisti discussi e rifiutati in quanto autori di opere volgari e sgraziate. Il realismo, capitanato dal provocatore Gustav Courbet presente in mostra con Donna nuda con cane, propone una visione diversa di rappresentazione del corpo lontano dall’idealizzazione classica ritratto realisticamente e con spirito trasgressivo, una vera e propria denuncia contro l’ipocrisia dell’Accademismo.

La seconda parte propone una serie di opere di paesaggio della scuola di Barbizon costituita da una serie di artisti che abbandona Parigi e la sua cultura classica, evolvendo la pittura verso una rappresentazione onirica en plein air della natura dando il là allo studio impressionista sulla luce. Esposte in questa sezione La danse de nymphes di Camille Corot, ispiratore che influenzò positivamente gli sviluppi della scuola, e La pastorella con il suo gregge di Jean Francois Millet, artista chiave nelle sue raffigurazioni dignitose di una natura che riflette la dolorosa condizione della vita campestre. La terza sezione, vero motore e cuore pulsante dell’esposizione, si concentra sulla nuova maniera della pittura impressionista nelle sue varie declinazioni, grazie ad una serie di capolavori di Sisley, Pissarro, Manet, Degas, Renoir e Monet qui esposti che offrono uno spaccato variegato sul nuovo modo di dipingere che, pur traendo spunto dagli effetti della luce en plein air, non si limita al paesaggio cercando un nesso causale tra i soggetti da rappresentare e la modernità della loro tecnica, abbandonando definitivamente i modelli classici del passato.

Il simbolismo occupa la penultima sezione della retrospettiva, movimento sviluppatosi intorno al 1885 in antitesi all’impressionismo diramandosi in numerose forme e generi diversi spinti dall’esempio di Paul Gaugain, qui in mostra con il pasto, che riunì una serie di adepti a PontAven dando il là ad una nuova dimensione nella rappresentazione della realtà, più intima e rivolta ai ricordi del passato e all’esotico nella fantasia dando vita a un nuovo registro di forme e a contenuti di grande impatto emotivo. Uno sguardo rivolto anche ai cosiddetti pittori Nabis della seconda generazione simbolista, artisti del calibro di Pierre Bonnard e Paul Serusier, presenti in questa sezione, che suggestionati dalla pittura di Gaugain dedicarono grande attenzione alle arti applicate, caricando la loro estetica di grande sensualità e misticismo. Per chiudere la doverosa sezione relativa all’eredità lasciata dall’impressionismo, a cominciare dai pointillisti che a partire dal 1880, spingono alle estreme conseguenze le macchie di colore scomponendole in piccoli punti grazie ad artisti come Seurat e Signac, presente con Les andelys, che svilupparono la loro idea pittorica basandola sull’utilizzo dei singoli colori il cui accostamento si ricompone visivamente sulla retina dell’osservatore. Un insieme affascinante e imperdibile, grande opportunità per ammirare dal vivo una gamma espositiva di grande qualità e di forte impatto visivo.

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