I vecchi mostri

governo renzi«Rottamare, rifare, fare»: non si può certo dire che, prima di diventare Segretario del Pd, Matteo Renzi non abbia lanciato i suoi slogan forte e chiaro, concentrando su sé stesso l’immagine di matador della sinistra – o almeno delle sue vecchie gerarchie e rappresentanze – e di leader moderno, del nuovo corso.

Lecito aspettarsi quindi, da lui, un cambio radicale della guardia quando ha deciso di raccogliere la campanella maledetta passata in 2 anni dalle mani di tre uomini, per poter finalmente far ripartire il Paese. Ancora più prevedibile, magari, attendersi un totale cambiamento della squadra di Governo, quel Consiglio dei Ministri dai quali gran parte dell’Italia dipende e viene gestita. E inveche, nel turbinio delle emozioni e nella foga delle azioni, qualcosa si deve essere inceppato.

Fatti fuori quei personaggi che molti, in Italia e soprattutto fuori avevano apprezzato, l’ormai ex Sindaco di Firenze ha assecondato molti tra coloro che fino a pochi mesi fa lo avrebbero tranquillamente gettato giù dalla torre e che ora hanno preferito salire sul più sicuro carro della vittoria. A partire da Dario Franceschini: celebre per frasi quali «Bersani ragiona, Renzi recita», spesso definito peggior Segretario del centro-sinistra, pedigree di scrittore (del 2006 il primo dei suoi 4 romanzi) e promosso alla Cultura dove andrà a prendere il posto di Massimo Bray, colui che era riuscito a riportare a casa e in una sede decente i Bronzi di Riace dopo anni di latitanza. Clamoroso il colpo Interni-Esteri, dove chi ha riportato in Italia la Shalabayeva (Bonino) è stata fatta fuori mentre rimane a furor di popolo chi l’ha mandata via «a propria insaputa» (Alfano): solo pochi mesi fa Renzi incalzava nel merito Letta parlando di «messa in gioco della credibilità sui diritti umani». E che dire della Difesa? Renzi nel merito degli F-35 si esprimeva parlando di «soldi buttati via»: regolare, quindi, la cacciata di Mario Mauro, che ne era strenuo difensore. Un po’ più discutibile invece la promozione di Roberta Pinotti, che nel merito si è sempre espressa a favore parlando di buona opportunità lavorativa. Notevole anche la scelta di Pier Carlo Padoan all’Economia, ex consigliere di D’Alema a Palazzo Chigi e rigorista di ferro all’Ocse, che venne definito dal Premio Nobel Paul Krugman come «l’uomo dai cattivi consigli, responsabile della caduta dell’Argentina (nel 2001, ndr) nel baratro».

Ma questi, è innegabile, sono punti di discontiunità con i precedenti esecutivi. Almeno all’anagrafe, perché c’è chi è resistito tra squilli di trombe e feste rionali. Si tratta, per esempio, di Lorenzin alla Sanità e Lupi alle Infrastruture ma anche di Orlando, che dopo aver promosso un bel condono del 20% sulle emissioni industriali inquinanti delle grandi aziende è – giustamente – passato alla Giustizia. E poi quelle nomine che sembrano un po’ fatte per mettere d’accordo tutti: dalla Guidi (ex possibile candidata nelle liste Pdl) allo Sviluppo Economico a Poletti (Coop rosse), passando per Maurizio Martina (volto noto di Confindustria) alle Politiche agricole, ambientali e forestali e concludendo con Gianluca Galletti (Udc) all’Ambiente e Maria Carmela Lanzetta (civatiana dell’ultima ora) agli Affari Regionali.
Siamo sicuri che un nuovo, ulteriore, Governo di “unità nazionale”, così pieno di nei e pure, lo si conceda, conflitti di interesse, possa risolvere tutti i problemi?

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