News – Obama e l’incubo Putin
L’origine della crisi, per chi lo avesse dimenticato, ce la ricorda Barack Obama: «Una larga maggioranza di ucraini vuole integrarsi con l’Europa». La Ue come scelta di civiltà, promessa di benessere, e di democrazia.
Eppure alla fine è un insulto, «l’Europa si fotta», a diventare senso comune di fronte alla tragedia ucraina. Riassume (con significati diversi) quel che si pensa in queste ore a Washington, Mosca, Kiev. La diplomatica americana Victoria Nuland, braccio destro del segretario di Stato John Kerry, aveva visto giusto? Due settimane fa una sua telefonata (audio) con l’ambasciatore americano in Ucraina era stata intercettata dai servizi segreti russi, poi messa su YouTube. Quel suo «l’Europa si fotta», intercalato in mezzo a considerazioni più serie, era stato l’ennesimo scandalo nelle relazioni transatlantiche: seguito da indignate reazioni di Angela Merkel, imbarazzo a Washington. Ma la 53enne diplomatica, sposata con il celebre esperto di geopolitica Robert Kagan, con il senno di poi viene rivalutata. Fu una gaffe, volgare e arrogante, la sua? O invece un’esasperazione legittima, che interpreta non solo l’insofferenza americana, ma in qualche modo anche la rabbia di milioni di ucraini? (In quanto al pensiero di Putin sull’Europa occidentale, potrebbe essere descritto in modo altrettanto colorito).
L’aria che tira alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato è espressa nel duro editoriale del Wall Street Journal. Che ricostruisce i giri a vuoto della diplomazia europea, mentre il bilancio delle vittime cresce a Kiev: «I leader dell’opposizione ucraina hanno chiesto alla Merkel delle sanzioni contro quei dirigenti del governo Yanukovich che hanno patrimoni personali nell’Unione europea. Berlino non ha accolto la loro richiesta, ha dato un sostegno retorico al movimento di protesta, non ha fornito informazioni su futuri aiuti della Germania o della Ue per controbilanciare i miliardi di Mosca». […]
Gli osservatori americani non sono indulgenti con la politica estera di Obama, ivi compreso sulla crisi ucraina. Anche la Casa Bianca oscilla tra obiettivi non compatibili: mantenere una “relazione produttiva” con Vladimir Putin (sperando di coglierne un giorno i dividendi in Siria o in Iran…); e al tempo stesso evitare che una grande nazione europea come l’Ucraina, con 45 milioni di abitanti, finisca nell’orbita “eurasiatica” del nuovo club di Stati-vassalli che Putin sta costruendo a immagine e somiglianza dell’Unione sovietica. Ma per quanto l’America possa essere accusata di contraddizioni, questa è una crisi scoppiata nel cortile di casa dell’Unione europea.
Come la dissoluzione dell’ex-Jugoslavia vent’anni prima, anche la violenza in Ucraina è un test per le istituzioni di Bruxelles. È l’ancoraggio con la Ue, il casus belli su cui Yanukovich ha tradito il suo popolo per consegnarsi a Putin. È prima di tutto a Berlino, Parigi, Londra e Roma, che dovrebbero scattare gesti rapidi, di sostegno fattivo: proprio quelle cose che i leader dell’opposizione hanno chiesto alla Merkel, cioè aiuti che compensino i finanziamenti da Mosca, e una corsìa veloce di accesso all’Unione (fonte Repubblica).