Il sì degli svizzeri che “fa male” agli italiani

La Svizzera ha detto “sì”. Evidentemente stufa di essere considerata “lo stato neutrale”, incapace di prendere una decisione e meta di numerosi lavoratori europei, lo stato elvetico ha preso la sua decisione ed il risultato ha sorpreso l’intero continente.

Il referendum “contro l’immigrazione di massa” ha dato come risultato un 50,3% della popolazione a favore del sì. Tale esito si concretizzerà nel definire tetti massimi annuali per gli stranieri, indipendentemente dal fatto che essi siano cittadini dell’Ue, frontalieri o richiedenti asilo. La proposta del referendum è stata opera del partito di destra Udc/Svp, che ha, così, dato l’avvio  a cambiamenti decisivi nella politica migratoria svizzera. Secondo tale partito, infatti, le nuove disposizioni per gli stranieri dovranno essere basate sugli interessi globali dell’economia dello stato. Inoltre, le imprese dovranno dare la precedenza nelle assunzioni ai lavoratori connazionali. Tuttavia, per il momento, i contingenti non sono ancora stati fissati e si parla di un arco temporale di tre anni per risolvere il tutto.
Il risultato delle urne ha evidenziato un Paese diviso in due: cantoni francofoni più filoeuropei e cantoni di lingua tedesca e il Ticino più vicini al risultato effettivo.
Cosa significa questo per i rapporti con l’Ue?
Quando parliamo di vittoria della destra parliamo, in realtà, di uno scarto di meno di 20mila schede, che, però, ha spiazzato lo stesso governo svizzero, costretto ora a cercare di gestire al meglio le relazioni con l’Europa. Pia Ahrenkilde, il portavoce dell’esecutivo europeo, ha fatto sapere che il risultato del referendum è «una potenziale violazione degli accordi». Dall’altra parte, il Ministro degli Esteri svizzero, Didier Burkhalter, ha affermato che: «la situazione è oggettivamente difficile ma non è poi la fine del mondo». Fatto sta che Burkhalter ha avviato contatti informali con i partner europei, costretto ad affrontare le conseguenze di una politica diversa da ciò che si aspettava.

 

Il cantone italofono è quello con la più alta percentuale di sì, chiaro segno di malessere degli svizzeri a seguito della crescita demografica dovuta all’immigrazione dal Paese confinante. I lavoratori italiani pendolari che si recano ogni mattina in Svizzera per lavorare sono circa 60mila e, ad oggi, hanno tutte le motivazioni per iniziare a tremare. Il Canton Ticino ha avanzato una richiesta per interrompere i rimborsi che i comuni italiani ricevono come risarcimento delle tasse che i pendolari del nostro Paese pagano in Svizzera. Oltre ai pendolari, gli italiani residenti in Svizzera sono 500mila circa, così che, anche se può risultare strano, sembrerebbero tra i primi a voler rubare il lavoro agli autoctoni e, pertanto, saranno tra i primi a subire le conseguenze del referendum. L’Italia, d’altronde, dovrebbe forse seguire l’esempio della Svizzera. A tale proposito Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, ha dichiarato: «Gli svizzeri difendono gli interessi svizzeri e fanno bene, come la Francia espelle i rom, gli inglesi fanno pagare la sanità agli stranieri e l’Australia allontana i barboni».

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