Business per tanti, casa per pochi
Abitare nella crisi è sempre più difficile. A questo punto, la perdurante e sconfortante assenza non solo di politiche abitative “preventive”, ma soprattutto di risposte istituzionali all’espressione di un disagio sociale legittimo e crescente, trova degno travestimento solo dietro la maschera, terroristica, della difesa dell’ ordine pubblico.
Proprio stamane, a Roma, gli agenti delle Digos hanno notificato 17 procedimenti penali – 7 arresti domiciliari e 10 obblighi di firma – ad alcuni attivisti dei Movimenti per la Casa. Le accuse si riferiscono agli scontri e le violenze verificatisi nella Capitale lo scorso 31 ottobre, quando in via del Tritone le Forze dell’Ordine bloccarono il corteo autorizzato che procedeva verso la sede della Conferenza Stato-Regioni, che aveva all’ordine del giorno la questione dell’emergenza casa e degli sfratti. I salotti guardano alla piazza con sorda inettitudine: ma punito chi protesta, il dramma dell’emergenza abitativa certo non si arresta. Sono tante le pedine in questo estenuante ballo del mattone, dove alla mancanza di politiche propositive e risolutive si alternano giochi poco chiari di connivenza fra il politico compiacente di turno e il mondo imprenditoriale.
Ma i cosiddetti “Poteri forti” non devono rimanere entità astratte: si tratta di volti, nomi e dati ben precisi sui quali è possibile documentarsi e doveroso far luce.
<<Dotarsi di lenti giuste per vedere quello che sta succedendo>> questo è il punto di partenza e di arrivo de “Le mani nella città“, un agile libro-inchiesta edito da Round Robin, che racconta il business del mattone e l’emergenza abitativa a Napoli, anche attraverso una doverosa archeologia dei movimenti e delle manifestazioni per il diritto alla casa, dagli anni ’80 ad oggi. Proprio ieri, i giornalisti Giuseppe Manzo e Ciro Pellegrino hanno presentato il loro lavoro presso la sede dell’ FNSI – Federazione nazionale della Stampa Italiana – . A Roma, dove dopo le conseguenze dell’alluvione lampo dei giorni scorsi sono visibili “finalmente” a tutti, è il ritmo esponenziale del consumo di suolo a fare paura.
Nella Napoli degli autori, diversamente, l’analisi dell’evoluzione della questione abitativa non può prescindere dal fare i conti con la Camorra, che come una lobby controlla il territorio non solo attraverso la famigerata gestione di appalti e cantieri, ma anche attraverso un esercizio deviante della pratica dell’ occupazione. Se cinquanta anni fa un film di Francesco Rosi, da cui il libro trae argutamente il titolo, raccontava <<la cementificazione e la speculazione che deformò Napoli e la sua morfologia>>, nell’indagine di Ciro e Giuseppe sono gli anni post-terremoto, dopo il 1980, la chiave decisiva per rileggere ed interpretare tutte le <<conseguenze e nessun beneficio>> di un’emergenza strumentalizzata che ha dato da mangiare a imprenditori, politici e clan della Camorra, lasciando i cittadini in pasto al cemento e all’assenza di servizi.
Durante l’incontro di ieri, con l’intervento di Anna Mazza e Beppe Giulietti dell’associazione Articolo 21, si è parlato quindi dell’importanza di un lavoro collettivo di indagine e ristrutturazione, in una società che deve uscire dal disagio aprendo varchi di socialità, spazi di incontro e confronto. Spazi di riappropriazione del territorio e di un patrimonio immobiliare pubblico altrimenti inutilizzato, militanti, giovanili e multiculturali: come le tante alternative sociali che continuano a nascere a Roma e in altre città della penisola, come Mezzocannone 14 e l’ Auditorium Carla e Valerio Verbano che Le mani nella città ci racconta, nati dall’occupazione di spazi abbandonati dell’ Università Federico II e che ora, “improvvisamente”, i privati reclamano.
Si è parlato ieri dell’importanza del giornalismo d’inchiesta a livello nazionale, non solo a Napoli, ma a Roma, Torino, Bologna. Altrove. Tutto partendo da un libro che vale, non solo come prodotto giornalistico, ma come spunto per aprire un discorso più ampio e ramificato alla ricerca di risposte, mentre pone altrettante domande. Dedicato ai giornalisti che sanno raccontare, e ai cittadini attivi che sanno combattere ed ascoltare <<le storie e le lotte per la difesa dei diritti e hanno scelto di stare dalla “parte sbagliata”>>. Business o diritto?