Gli svizzeri non vogliono più stranieri
Quasi un anno fa, il 7 marzo, moriva Giuliano Bignasca, fondatore del primo partito della Svizzera italiana: la lega Ticinese. Ovunque si trovi, il “Bossi svizzero” avrà sicuramente speso un sorriso convinto oggi, guardando i risultati del referendum sull’immigrazione che il Paese elvetico è andato a sostenere.
Voluto dal locale partito di ultradestra – che per assurdo da quelle parti si chiama Udc – questo referendum puntava a esprimere dei limiti massimi alla “immigrazione di massa” che ha visto convogliare, nella vicina Svizzera, un gran numero di stranieri in cerca di lavoro e di fortuna. Il leader di questo gruppo politico, Toni Brunner, da anni porta avanti questa battaglia che richiama, peraltro, toni un vagamente leghisti: in campagna elettorale ha proposto ripetutamente l’immagine di una nazione devastata dal sovrappopolamento, nella quale per i locali la vita di tutti i giorni sarebbe stata resa molto più ardua.
E i numeri, gli hanno dato ragione, seppur di poco: con un 50,3% e 20mila voti di scarto ha infatti vinto il fronte di coloro che sono a favore dell’approvazione dell’ormai terzo comma del nuovo articolo 121 della Costituzione Federale, che prevede introduzioni, entro tre anni, di “tetti massimi annuali e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un’attività lucrativa” in quel di Svizzera. Le percentuali, peraltro, sono state decisamente alte proprio nel già nominato canton Ticino, ove i favorevoli hanno raggiunto quasi il 70%. Notizia non positiva per una zona di madrelingua italiana e decisamente frequentata da nostri connazionali che ivi si recano per fini lavorativi. Diversi i risultati invece nei cantoni di lingua francese e nel canton Zurigo, dove la linea filoeuropeista ha avuto la meglio e i no hanno trionfato.
In generale, è stato assestato un duro colpo all’establishment svizzero: il Governo era infatti fortemente contrario al referendum, ritenendo l’immigrazione un fenomeno che avrebbe solo potuto arricchire il benessere dello Stato. Idem i sindacati, preoccupati dai possibili aumenti di oneri burocratici per le imprese e i lavoratori. Il colpo si preannuncia invece abbastanza duro per quel 22,6% di cittadini stranieri che affollano i territori oltralpe.
Da Bruxelles si sono già registrate le prime reazioni; nonostante il Paese elvetico non faccia parte dell’Unione Europea, forti sono i rapporti in asse tramite – tra gli altri – accordi di cooperazione internazionale sul libero scambio di risorse lavorative. Molto probabile, perciò, che qualcosa dovrà essere ora esaminato nuovamente nel merito così come annunciato da una secca nota dell’UE che annuncia la possibilità di «rivedere i rapporti con Berna».
E così mentre la Lega Nord è indecisa se essere adirata («ci cacciano») o prendere esempio («è un voto per legittima difesa»), qui resta un dubbio: se chiamati alle urne, i cittadini svizzeri avrebbero espresso le medesime percentuali anche riguardo un eventuale limite ai conti in banca stranieri nelle banche della loro terra?