L’oro di Bankitalia

La  protesta dei parlamentari dell’M5S  sul decreto IMU-Bankitalia, per far passare il quale la Boldrini ha ‘ghigliottinato’ le opposizioni, ha catalizzato l’attenzione dei media trascinandosi dietro un ampio strascico di brutture, violenze ed esasperazioni.

Le aule del Parlamento  non si sono fatte mancare proprio niente: gli insulti alle deputate del PD, la gomitata al volto di una parlamentare M5S, la gogna brutale della Boldrini sul web (per le donne gli italiani hanno un debole, si sa), il rogo dei libri (anche per la cultura c’è un occhio di riguardo), i ‘boia’ (per Napolitano) e i ‘chi molla’ (per i nostalgici, suppongo). Decenza a parte, resta la questione di merito sul decreto Bankitalia, il vero elemento in discussione sul quale è scoppiato lo scontro. I benefici del decreto risultano chiari, portando il capitale della Banca Centrale da 156000 euro a 7,5 miliardi, le banche azioniste realizzano una plusvalenza e su di essa pagano 1200 milioni di tasse per finanziare l’IMU. Anche se l’affermazione che le banche abbiano ricevuto direttamente soldi pubblici è imprecisa, di certo si tratta di un regalo con ricadute complesse e potenzialmente molto gravi.

Innanzitutto le banche rischiano poco visto che il denaro versato in tasse rientrerà sotto forma di dividendi  che, innalzati per l’occasione, potranno arrivare fino al 6% l’anno, circa 450 milioni.  Sembra inoltre che i grillini non abbiano avuto del tutto le traveggole, o almeno non siano stati gli unici ad averle,  visto che il decreto è stato criticato da più voci, spesso competenti e distanti dall’M5S.  Il professor Nino Galloni sostiene, citando le parole dello stesso presidente di MPS Profumo, che senza ricapitalizzazione Monte dei Paschi verrà nazionalizzata, potrà quindi prestare allo Stato il denaro proveniente dalla BCE a tasso ridotto, sottraendo alle banche il margine sicuro che detengono attualmente e rischiando di far saltare l’intero sistema bancario.  I giornalisti Sebastiano Barisoni e Gianni Dragoni del Sole 24ore hanno fatto notare come la legge   preveda che le quote debbano essere vendute dagli azionisti per le eccedenze oltre il 3%, permettendo un’immediata monetizzazione per le banche a scapito di Bankitalia stessa, la quale sarà costretta dalla legge a riacquistarle per certo un periodo, transitorio ma elastico,  in assenza di compratori sul mercato. Questo trasferimento alle banche alla fine potrebbe ammontare fino a 4 miliardi e mezzo. Secondo lo stesso Tito Boeri,  il decreto è stato fatto con troppa fretta e  il meccanismo del 3% rischia di generare una perdita netta per i contribuenti. Il professor Antonio Maria Rinaldi e lo stesso Galloni, ritengono poi che la ricapitalizzazione serva ad assicurare le banche dal rischio di  un possibile ritorno alla sovranità monetaria in caso di Euro-exit, visto che con un’eventuale  nazionalizzazione della Banca Centrale adesso l’indennizzo da pagare alle banche sarebbe circa 50000 volte superiore a quello di due settimane fa. Infine, la clausola di salvaguardia  per tener fuori gli azionisti stranieri sembra debole: chi acquisterà le quote dovrà avere ragione sociale in Italia, ma il capitale di maggioranza potrebbe essere estero il che non rassicura, soprattutto in un periodo in cui grazie alla crisi le aziende italiane vengono svendute giorno dopo giorno.

Lo scenario peggiore lo descrive Claudio Borghi Aquilini, secondo l’economista infatti questo decreto rende de facto privata la Banca Centrale che fino ad ora lo era stata soltanto formalmente visto che le quote erano fisse e il capitale sociale nullo. Questa privatizzazione, se riconosciuta da un tribunale, potrebbe mettere in discussione anche la proprietà pubblica e l’indisponibilità degli asset patrimoniali in gestione a Bankitalia, tra cui le riserve auree dello Stato ammontanti a circa 100 miliardi e tutt’ora tra le più rilevanti del mondo. La polemica è nata dal fatto che il Governo ha respinto in aula gli ordini del giorno che si limitavano a ribadire come l’oro fosse patrimonio degli italiani e non di Bankitalia.

Il sospetto è che il Governo abbia liquidato come una semplice operazione contabile quella che è, nel migliore dei casi, una ingente spoliazione del patrimonio pubblico e, nel peggiore, un’ autentica truffa ai danni dei cittadini. La certezza è che tra instabilità politiche, scandali burocratici ed effetti collaterali derivanti da coperture finanziarie come questa, l’IMU c’è costa molto di più di quei due miliardi che c’hanno raccontato. 

di Daniele Trovato

 

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