Sorrentino, l’Oscar si avvicina

Trionfo di Paolo Sorrentino alla settantunesima edizione dei Golden Globe Awards 2014, il premio assegnato dall’associazione della Stampa Estera a Hollywood ritenuto a ragion veduta l’anticamera degli Oscar. La grande bellezza si è aggiudicata l’ambita statuetta per il miglior film straniero (superando la Palma d’oro La vita di Adele, il danese il Sospetto, il giapponese The Wind Rises, e l’iraniano Il Passato).

Trionfo di Paolo Sorrentino alla settantunesima edizione dei Golden Globe Awards 2014, il premio assegnato dall’associazione della Stampa Estera a Hollywood ritenuto a ragion veduta l’anticamera degli Oscar.La grande bellezza si è aggiudicata l’ambita statuetta per il miglior film straniero (superando la Palma d’oro La vitadiAdele, il danese il Sospetto, il giapponese The Wind Rises, e l’iraniano Il Passato).

Ventiquattro anni dopo i fasti del Tornatore di Nuovo Cinema Paradiso (correva l’anno 1989) l’Italia torna seriamente in lizza per un Oscar atteso ormai da troppi anni. Al Beverly Hilton Hotel di Los Angeles Sorrentino c’era arrivato forte dei quattro oscar agli European Film Awards (assegnati a Berlino lo scorso 7 dicembre) e delle nomination ai Goya (oscar spagnoli) e Bafta (oscar inglesi) e quest’ennesimo premio lo riscatta dalle delusioni di Cannes e riabilita un certo cinema di qualità, cosa che in Italia è ancora possibile. “Questo film ha sedotto Hollywood” commenta lo stesso regista “e agli americani è piaciuta la libertà con cui è stato utilizzato il mezzo cinematografico e questa cavalcata dentro la Roma di oggi, pregna di una certa umanità. L’Italia è un paese strano, ma bellissimo” chiosa lo scaltro regista abile a toccare i tasti giusti in questo affresco onirico che dipinge una Roma becera, cialtrona, decadente e frivola portata per mano dal tocco geniale di un ispiratissimo Jep Gambardella/Servillo giornalista mondano abile nel portarci per mano nei meandri poco virtuosi e molto viziosi del Belpaese. Non ci resta che attendere il 16 gennaio per le nomination all’Oscar e sperare che il 2 marzo l’Italia torni a mani piene dal Dolby Theatre di Los Angeles quindici anni dopo l’ emozionante trionfo di Roberto Benigni.

I Golden Globe si differenziano dagli Oscar per la scelta nel distinguere i ruoli drammatici da quelli brillanti, per cui doppie statuette e caratterizzazione a volte artificiosa e poco accurata dei generi. A trionfare come miglior film nella categoria drammatica il nuovo attesissimo film di Steve Mc Queen, regista dell’acclamatissimo Shame, dal titolo 12 Years a Slave, tratto dall’omonima autobiografia del violinista di colore Solomon Northup che nel 1841 viene ingannato da due agenti dello spettacolo e costretto alla schiavitù fino al 1853, storia di un forte impatto emotivo e probabile Oscar, mentre la miglior commedia se l’è aggiudicata American Hustle di David O’ Russell, pellicola che si ispira all’operazione “ABSCAM” in cui l’FBI ha usato dei truffatori per incastrare politici sospettati di corruzione. Meritatissimo premio per la miglior regia ad Alfonso Cuaron per Gravity, mirabile lavoro claustrofobico con Clooney e la Bullock proiettati magistralmente nello spazio in assenza di gravità.

Matthew McConaughey e Cate Blanchett si aggiudicano le statuette come miglior attori drammatici, il primo l’interpretazione sublime in Dallas Buyers Club, storia di lotta per la sopravvivenza a cui sarà sottoposto Ron Woodroof elettricista cowboy texano a cui viene diagnosticato il virus dell’Hiv e la seconda per la superba prova da attrice offerta in Blue Jasmine di Woody Allen, in cui è ineccepibile e nevrotica alcolizzata. Amy Adams è la migliore attrice protagonista nella categoria commedia per la sua brillante interpretazione dell’amante scaltra di Christian Bale in American Hustle, mentre il corrispettivo maschile è toccato a Leonardo Di Caprio, irresistibile camaleontico finanziere con assenza totale di scrupoli nell’ultima fatica di Martin Scorsese. L’altra bad-girl di American Hustle Jennifer Lawrence, l’eroina di Hunger Games, si accaparra la statuetta di miglior attrice non protagonista, così come nel versante maschile il riconoscimento è andato a Jared Leto malato di Aids e sofferente, insieme a McConaughey, nella pellicola di Jean Marc Valleè. Scelta coraggiosa e condivisa quella sulla miglior sceneggiatura, ad aggiudicarsela il geniale Spike Jonze per il suo Her con la performance solo voce di Scarlett Johansson, mentre la miglior canzone originale è stata assegnata a Ordinary Love degli U2, colonna sonora del lungometraggio Mandela: A long walk to freedom,  alla straordinario esistenza dell’ex presidente sudamericano recentemente scomparso. Aspettiamo fiduciosi giovedì 16 le nomination dell’Academy, e incrociamo le dita consapevoli, mai come quest’anno, di essere altamente competitivi.

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