La Democrazia in un click?
La vicenda era iniziata nell’ottobre scorso quando, applicando il principio costituzionale della libertà dal vincolo di mandato dei parlamentari, i due senatori M5SCioffi e Buccarella, avevano presentato in commissione giustizia un emendamento sull’abolizione del reato di clandestinità.
La censura di Grillo e Casaleggio era giunta immediata e durissima a mezzo blog, diffidando i parlamentari dal prendere posizioni non discusse con la base e non presenti nel programma. Dal comunicato si capiva chiaramente che i diarchi erano contrari non soltanto nel metodo ma anche nel merito del provvedimento, preoccupati dal possibile ritorno elettorale negativo su un tema sensibile e che poteva essere interpretato come una svolta a sinistra del movimento. Dopo le epurazioni, gli scontri interni e le polemiche sul lento rilascio della piattaforma web per la discussione del programma, la tensione tra le spinte partecipative e ultra-democratiche sbandierate dagli attivisti e l’atteggiamento dirigista assunto a più riprese da Grillo e Casaleggio, rischiavano e rischiano, di rappresentare un punto di debolezza sostanziale del Movimento.
Ieri poi, dopo che la stampa ostile si era scatenata sul tema per settimane e gli stessi aderenti all’M5S avevano maldigerito la reprimenda del vertice, lo stesso blog ha aperto per sette ore le votazioni on-line sul reato di clandestinità. Su un corpo elettorale di 80000 iscritti certificati hanno votato in 25000, meno di un terzo, con oltre 15000 favorevoli all’abrogazione contro 9000 contrari. La partecipazione è stata limitata dall’assenza di preavviso, dalle poche ore concesse (per di più all’interno dell’orario d’ufficio durante il quale non tutti possono avere accesso alla rete), dall’assenza di una discussione ufficiale che coinvolgesse gli iscritti, gli esperti e i frequentatori abituali della piattaforma e del blog. Come dire: votate voi, ma come e quando lo decidiamo noi.
L’esperimento è discusso e discutibile, criticato nel metodo anche all’interno dello stesso M5S, apparentemente improvvisato e forse dilettantesco, però è avvenuto e, particolare non trascurabile, ha sconfessato la posizione dei vertici. Per la prima volta la democrazia diretta esce dalle pagine della fantascienza sociologica, dai trattati di futurologia e dalla pratica di piccole comunità libertarie e viene applicata su larga scala per decidere la linea politica di una importante forza parlamentare occidentale. Si può avere qualunque opinione su M5S e sull’esperimento di ieri, ma è indubbio come l’elemento di novità introdotto con questo tentativo vada molto oltre il ricambio generazionale che altri partiti possono soltanto promettere e che dovrebbe peraltro essere fisiologico, oltre la pratica delle primarie che spesso sceglie facce senza programma selezioante dai soliti politburo, oltre rispetto alla complessa e limitata procedura istituzionale del referendum abrogativo.
Se la democrazia non sembra avere alternative, l’unica possibilità per superarne le degenerazioni è quella di immaginare una forma democratica nuova e diversa. La democrazia diretta, se e quando prenderà vita, avrà bisogno di cittadini informati e, soprattutto, responsabilizzati: in grado di andare ‘oltre’, appunto, il dominio della partitocrazia e dei tecnocrati di Stato, ma anche di sostituirli efficacemente nei processi decisionali. Per realizzare la nuova forma democratica non basterà un click sul telefonino effettuato distrattamente mentre si bada ai fatti propri, ma nel raccontarne gli albori la giornata di ieri dovrà essere ricordata.