L’ACCESSO AGLI ATTI
Il tema dell’accesso agli atti, con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dai dipendenti nelle ispezioni, è molto discusso dalla giurisprudenza amministrativa, tanto che è possibile rintracciare diversi indirizzi interpretativi.
Sino al 2008, l’orientamento prevalente dei giudici era quello di consentire l’accesso agli atti e alle dichiarazioni rese dai lavoratori, ritenendo prevalente il principio generale di trasparenza dell’azione amministrativa e il diritto di difesa, rispetto al diritto alla riservatezza.
Il predetto indirizzo è mutato nel 2009 quando, con alcune pronunzie del Consiglio di Stato (ad esempio la numero 736/2009), poi confermata da altre pronunce e ripresa anche dalla circolare 43/2013 del ministero del Lavoro), è emerso un principio diverso.
Invero, secondo il nuovo orientamento, il diritto di accedere agli atti deve essere riconosciuto, come espressione del diritto di difesa, ma non in maniera incondizionata: l’accesso, infatti, può essere lecito solo in presenza di una motivazione del verbale ispettivo che non sia di per sé idonea a consentire l’esercizio del diritto di difesa del trasgressore.
Il Consiglio di Stato, nella sentenza citata, ha evidenziato che l’interesse pubblico ad acquisire ogni possibile informazione, per finalità di controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro, deve essere bilanciato con la necessità di rispettare il diritto di difesa delle società o imprese sottoposte a ispezione.
Il primo di questi interessi, per il Consiglio di Stato, può essere tutelato solo garantendo i lavoratori che rilasciano dichiarazioni sulla riservatezza degli atti. Il secondo di questi interessi, invece, è comunque garantito dall’obbligo di motivazione.
La motivazione del verbale, alla luce di questo orientamento, assume un ruolo decisivo per la concreta possibilità di accedere agli atti amministrativi in quanto il requisito della motivazione è individuato come obbligatorio dalla legge che regola tutti i provvedimenti amministrativi (legge 241/1990).
Anche il codice di comportamento degli ispettori del lavoro (del 20 aprile 2006) disciplina il requisito della motivazione: le conclusioni finali alle quali è arrivato l’ispettore devono essere adeguatamente motivate (articolo 16). Inoltre, il verbale deve contenere ogni elemento utile a garantire e ad assicurare le possibilità di difesa del presunto trasgressore (articolo 15).
Dall’esame delle predette norme emerge con chiarezza che il verbale ispettivo non solo deve contenere una motivazione, ma questa deve anche essere redatta in maniera precisa, chiara, completa, in modo tale da consentire al datore di lavoro che subisce l’ispezione di preparare ogni difesa adeguata.