Il governo delle mille e una proroga

Preso dalla smania di dimostrare che si lavora alacremente anche durante le feste, il governo ha appena licenziato un raccogliticcio di tutto ciò che non è riuscito ad approvare durante l’anno: il famigerato decreto Milleproroghe. Al centro i due provvedimenti più scottanti: il Salva Roma e quello sugli affitti d’oro.

Col panettone appena aperto e lo spumante ancora da stappare, il Consiglio dei Ministri si è affrettato a dare il via libera al decreto di fine anno, il Milleproroghe indispensabile per traghettarci a gennaio. Dentro c’è di tutto, tranne qualcosina che l’attento occhio di Napolitano ha prontamente fatto fuori. L’Esecutivo dà l’avvio a una riprogrammazione dei fondi strutturali europei da 6 miliardi e 200 milioni di euro. Nel dettaglio, Letta ha spiegato che 2,2 miliardi (di cui 1, 2 miliardi già impegnati nella Legge di Stabilità come garanzie per il credito alle imprese) vanno al sostegno imprese, 700 milioni per misure per il sostegno al lavoro e all’occupazione, 800 milioni per interventi di contrasto alla povertà e 3 miliardi a sostegno delle economie locali.

Quanto alle spine, arriva la questione del Salva Roma, già bocciato da Napolitano. Il no del capo dello Stato lascia la Capitale rischio default, ma la colpa non è del re crudele, bensì del Parlamento. Il decreto nel corso del suo iter parlamentare si è infatti caricato di mancette da pagare a destra e a manca e del tutto estranee alla finalità del decreto. Sono stati inseriti qua e là venti milioni per tappare i buchi del trasporto pubblico calabrese, ventitré per i treni valdostani, mezzo milione per il Comune di Pietrelcina, uno per le scuole di Marsciano, in Umbria (Corriere della Sera, 23 dicembre). E allora, sebbene Letta avesse posto la fiducia sul decreto, arriva l’ineluttabile no dal Colle. Nel Milleproroghe può rientrare solo qualche misura inderogabile di salvataggio. Il Salva Roma prevedeva infatti che la giunta capitolina potesse scrollarsi dalle spalle 400 milioni di debito (degli 864 emersi dai conti di Roma Capitale) e addossarli alla gestione commissariale. Sulla questione subito affonda Matteo Renzi: «Il governo ha sbagliato. Letta doveva fermarsi prima, come noi gli avevamo chiesto, ed evitare di mettere la fiducia su un decreto-porcata che alla fine ha abbandonato». In effetti è la prima volta che il governo ritira un decreto su cui aveva posto la fiducia solo ventiquattr’ore prima e lo stesso Napolitano ha redarguito Letta e i presidenti di Camera e Senato con una lettera. Renzi dal canto suo aveva già mandato dei delegati a chiedere di ritirare il decreto perché «la norma sulle slot-machine è impresentabile ed è gravissimo che sia stato cancellato il divieto di affitti d’oro per la pubblica amministrazione».

Su quest’ultimo aspetto il Milleproroghe interviene e ammette la possibilità per le pubbliche amministrazioni di recedere dagli affitti degli immobili troppo onerosi, dopo che Movimento Cinque Stelle e Lega Nord avevano denunciato un emendamento nella Legge di Stabilità che di fatto congelava questa possibilità. Nel calderone di fine anno sembra trovare posto un po’ di tutto, ad eccezione della detrazione della Tasi per le famiglie numerose o svantaggiate economicamente. Questo pare possa essere rimandato all’anno prossimo.

di Francesca De Leonardis

 

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