News: Batteri Killer in ospedale
La Procura, ha avviato le indagini per otto morti sospette al San Giovanni di Roma.
I decessi sarebbero causati da un presunto batterio killer, il Clostridium difficile un agente patogeno ad altissima velocità di contagio, diffusissimo negli ambienti ospedalieri, che colpisce con maggior frequenza persone anziane e malati sottoposti a lunghe cure antibiotiche.
Il procuratore aggiunto Leonardo Frisani, ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo delegando gli accertamenti ai carabinieri del Nas, che nei giorni scorsi hanno sequestrato sedici cartelle cliniche. L’indagine della Procura si occupa anche del mancato trasferimento, in nosocomi più idonei, dei pazienti colpiti in modo letale dal batterio.
Il Clostridium difficile è un microrganismo anaerobio, cioè un microrganismo che vive in assenza di ossigeno. In natura si trova in forma di spore, che sono forme di resistenza e sopravvivono nell’ambiente, e in forma vegetativa. Le forme vegetative sono i microrganismi che si riproducono attivamente e velocemente e che produce le tossine causa della malattia (diarrea, febbre).
“La sua contagiosità – spiega il Prof. Nicola Petrosillo, Direttore UOC “Infezioni sistemiche e dell’immunodepresso” dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive, nonché membro SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – deriva dal fatto che i microrganismi vengono dispersi nell’ambiente (il paziente presenta diarrea) e, se non vengono rispettate misure igieniche ambientali e personali, tra cui il lavaggio delle mani da parte degli operatori sanitari, esiste la possibilità che possano essere trasferiti da un paziente all’altro. Se il paziente nel quale sono trasmesse ha condizioni predisponenti (antibiotici in corso, presenza di altre malattie, uso di antiacidi, età avanzata, etc…) il ciclo di trasformazione in germi produttori di tossine può verificarsi con le manifestazioni cliniche connesse”.
La cura è rappresentata dalla sospensione degli antibiotici che il paziente sta prendendo, se non più necessari, e dall’uso di farmaci antimicrobici ai quali il Clostridium difficile è sensibile. Questi farmaci vengono somministrati per via orale. “Il problema – prosegue il Prof. Petrosillo – è che in persone debilitate e con altre malattie si possono avere recidive. La probabilità di una prima recidiva è del 25% dopo il primo episodio, ed arriva fino al 60% in coloro che hanno avuto una prima recidiva. Questi casi, peraltro molto fastidiosi, vanno curati con antibiotici selettivi nei confronti del Clostridium difficile, insieme alla sospensione di eventuali altre terapie antibiotiche in corso. In alcuni casi però si deve arrivare a ricostituire la flora intestinale, per esempio attraverso il trapianto di feci da donatore”
Purtroppo, il Clostridium, non è l’unica infezione che si può prendere durante un ricovero. Le più frequenti sono le infezioni urinarie associate a cateterismo vescicale, seguite dalle infezioni della ferita chirurgica, poi dalle infezioni delle basse vie aeree spesso associate a intubazione meccanica per ventilazione assistita, seguite ancora dalle infezioni del torrente circolatorio associate a cateteri vascolari (spesso centrali). Tramite queste procedure invasive è possibile introdurre dall’esterno dei microrganismi e, in alcuni casi, facilitare l’accesso in siti profondi di microrganismi presenti su cute e mucose. Per il Prof. Petrosillo “La pericolosità di tutto ciò deriva dalla particolare suscettibilità di alcuni individui, che essendo magari già debilitati e con gravi patologie concomitanti, possono avere decorsi clinici talora infausti a seguito di infezioni intercorrenti, e dalla possibilità che i microrganismi in causa siano resistenti agli antibiotici. Infatti in ospedale, a causa del largo utilizzo di antibiotici, nel tempo si sono selezionati cloni di batteri resistenti a molti antibiotici, e talora a tutti quelli conosciuti. In questo caso debellare queste infezioni è praticamente impossibile. Riguardo la frequenza di infezioni, si calcola che il 6-8 % dei pazienti in ospedale hanno una infezione acquisita in ospedale.”
E conclude: “Non è possibile azzerare le infezioni, ma si deve portare a zero la tolleranza nei confronti di pratiche scorrette, igiene insufficiente e mancato rispetto delle misure di controllo delle infezioni. Le strutture sanitarie devono garantire al paziente la dovuta sicurezza ed igiene, ed all’operatore la possibilità di lavorare con tranquillità facilitandone il lavoro e l’applicazione di tutte le suddette misure”.