Emergenza abitativa: giustizia sociale senza fissa dimora
Negli ultimi dieci anni, a Roma, si è costruito ovunque e senza sosta: splendidi complessi residenziali con balconi panoramici, piscine e campi da tennis nelle periferie; veri e propri villaggi attorno ai nuovi centri commerciali; decine e decine di appartamenti che hanno prodotto capitali, smosso investimenti, tangenti, per poi restare disabitati. Si sono costruite anche opere di destinazione pubblica: poli espositivi, edifici sportivi; lasciati incompiuti come altari desolati votati ad un’idea di città che non funziona più. E forse non ha mai funzionato davvero.
Invece di provvedere ad assicurare una casa a chi per reddito o altri “fattori invalidanti” ne fosse sprovvisto, le amministrazioni comunali hanno favorito la speculazione edilizia – o, nella migliore delle ipotesi, non vi hanno semplicemente posto un freno – , che nonostante la crisi del mercato immobiliare continua a divorare il territorio della Capitale. Si costruisce dunque, ma non si vende.
Ora, con un ingente numero di edifici inutilizzati o inutilizzabili e il crescente esubero di famiglie senza reddito e senza casa, l’emergenza abitativa si complica su due fronti: non solo quello dell’ occupazione di immobili di fatto disabitati, sia pubblici che privati, ma anche quello degli enti previdenziali, pubblici e privatizzati, nonchè dei rispettivi fondi immobiliari.
Solo pochi mesi fa, ad Aprile, lo “tsunami tour” dei Movimenti per il Diritto all’Abitare; Coordinamento Cittadino di Lotta per la Casa; Blocchi Precari Metropolitani; Action e Comitato Obiettivo Casa: occupati circa 13 edifici fra ex uffici e case invendute, vuote ed abbandonate.
Nella palazzina di proprietà di Fabrica sgr, società del noto e potente gruppo Caltagirone, in via Valentino Cerruti, nel quartiere Ponte di Nona, abitavano da allora 53 nuclei familiari, per un totale di circa cento persone. Sono stati sgomberati in massa la settimana scorsa, martedì 5 dicembre. Action ha risposto compatta allo sgombero, con l’occupazione immediata di un nuovo stabile in via Aldo Capitani, nello stesso quartiere: questa volta un immobile pubblico inutilizzato, ex sede della Asl Rmb.
Dalla parte degli occupanti, numeri che parlano chiaro: <<(…) Ricordiamo che a Roma ci sono 250.000 appartamenti sfitti e 30.000 nuclei in graduatoria a fronte di 150/300 appartamenti di edilizia popolare consegnati ogni anno>>, si legge nel comunicato diffuso da Action.
E’ polemica, guerra fra cittadini e associazioni, su internet e sui giornali. Nell’horror vacui della disarmante assenza di Stato ed istituzioni comunali, i cittadini si scagliano gli uni contro gli altri, fagocitati dalla logica antisociale di un insensato scontro fra “pari”.
<<Anche noi siamo in difficoltà economiche, ma non per questo occupiamo case e facciamo uso della forza e della violenza>>: queste le ragioni del Comitato di Quartiere, fin da subito schierato contro l’occupazione. <<Siamo per la legalità e la giustizia sociale>> – si legge, d’altra parte, nelle istanze presentate dalle associazioni di residenti – <<Finalmente resa giustizia a tanti abitanti, giovani coppie, che dopo aver comprato casa e sottoscritto mutui ventennali si erano trovati la loro casa invendibile con una perdita di valore inestimabile>>.
Ma la giustizia sociale, viene da chiedersi, dove dimora? Non dimora nelle stanze del Campidoglio, apparentemente. Non dimora fra le righe dell’informazione, che invece di spingere il dibattito civico verso proposte e soluzioni, lo dirotta verso la fobia sociale, l’informazione che spesso è finanziata da chi le case le costruisce e non guarda ad esse come un diritto, ma come un numero da far lievitare, come gli incassi. Non dimora però neanche fra le file dei cittadini, che non sono in grado di costruire una rete compatta di solidarietà e sussidiarietà per rispondere all’inconsistente lentezza della burocrazia.
<<Provo solo tanta rabbia ad ascoltare poveri che se la prendono con poveri, mentre i veri delinquenti stanno da un’altra parte>>, si legge altrove, in qualche discussione sul web.
Lunedì pomeriggio, di fronte a Montecitorio, un’altra manifestazione degli appartenenti ai Movimenti per la casa: questa volta USB – Unione Sindacale di base – e ASIA – Associazione Inquilini e Abitanti -, tutti riuniti in attesa che la camera votasse le mozioni proposte da maggioranza e opposizione in relazione alla richiesta di moratoria sugli sfratti e le dismissioni speculative portate avanti dagli enti previdenziali pubblici e privatizzati. Una questione questa, che coinvolge centinaia di famiglie che rischiano di perdere le case dove abitano da decenni: aumentano gli affitti, mentre i prezzi di vendita sono inaccessibili e tutt’altro che vantaggiosi.
La votazione si è conclusa senza alcuna svolta risolutiva: così l’ “ASIA-USB e tutto l’inquilinato resistente continueranno la propria battaglia per il diritto alla casa a partire dal prossimo giovedì 12 dicembre alle ore 16.00 in occasione della manifestazione sotto la Prefettura di Roma, per chiedere al Prefetto il blocco degli sfratti“.
Nelle prossime settimane seguiremo queste ed altre vicende per approfondire la portata di un dibattito che chiede coesione, soluzioni e risposte, non solo l’improduttivo sguardo sospettoso di un’opinione pubblica troppo distante e poco informata. Se – come tuonano i sostenitori della legalità – , non è vero che <<la casa si prende>>, legittimo e indiscutibile è invece il diritto di rivendicare ed ottenere garanzie in merito. C’era una volta lo Stato Sociale.
di Arianna Fraccon