Il Grillo del giorno

L’aveva promesso una settimana fa alla piazza di Genova e ha mantenuto la parola. Davanti alla folla adorante, Grillo aveva ribadito la distanza dei 5 stelle dai partiti che, ormai morti, continuano a discutere sul niente, ignorando le cose davvero importanti. «Dobbiamo parlare di energia, di informazione, di scuola». Parole Sante.

A quanto pare, ha deciso di partire dall’informazione. A modo suo, ovviamente. Come? Con una nuova rubrica sul suo blog, «Il Giornalista del Giorno», spazio in cui segnalare gli articoli (e, soprattutto, i giornalisti) rei di diffamare pubblicamente il MoVimento. I giornalisti, almeno quelli italiani, a Grillo sembrano proprio non piacere. Nello stereotipo del leader pentastellato, sono sempre e solo dei bugiardi al soldo del Potere, dei ricconi che ingrassano a spese dei cittadini ingannati dalle loro melliflue parole (e tanti saluti ai precari sottopagati o per nulla pagati). Di qui la necessità di difendere il M5S dalle accuse indiscriminate di questi pennivendoli il cui lavoro è garantito solo dal sostanzioso finanziamento pubblico all’editoria, ergo dalla politica brutta e cattiva. Non è la prima volta che Grillo si scaglia contro la categoria: questa volta, però, non si accontenta di accuse generiche e dà volti e nomi (i primi) a questi fannulloni che, lavorando da 40 anni nella stessa redazione, non hanno mai avuto un altro lavoro (e perché avrebbero dovuto averlo se quello è il loro mestiere?). Alla berlina, ad aprire le danze della nuova rubrica, c’è Maria Stella Oppo, de «L’Unità». Definire i suoi articoli “critici” nei confronti del MoVimento sarebbe riduttivo, né l’imparzialità sembra essere la sua cifra stilistica come nel caso, purtroppo, di molti detrattori a priori dei 5S. Può, e deve, essere criticata, nessuno come un giornalista risponde in pubblico del proprio operato (idem per Francesco Merlo di «Repubblica», che ieri ha debuttato sulla rubrica grillina). Ma pubblicare la sua foto stile Wanted, esponendola al linciaggio mediatico dei rivoluzionari da tastiera per cui la rete non è che un mezzo per sfogare indistintamente le proprie frustrazioni su una casta depositaria di ogni male, istigando peraltro a segnalare altri «articoli del “giornalisti” stile Oppo», questo sì che puzza di liste di proscrizione. Quelle virgolette sembrano dire “quelli che non sono veri giornalisti”: chi stabilisce, quindi, chi è un vero giornalista e chi non lo è? Se il movimento è stato diffamato può ricorrere al giudice, se la deontologia è stata violata dovrebbe essere l’Ordine (che può non piacere ma esiste) ad intervenire, se si tratta solo di critiche senza fondamento si può voltare pagina. La giustizia privata del “ma nessuno interviene e quindi lo facciamo noi”, invece, somiglia molto a delle ronde 2.0.

Per l’ennesima volta, Grillo presta il fianco a chi denuncia il protofascismo del Movimento, offuscandone gli aspetti positivi, e offre a tutti, ma proprio a tutti, la possibilità di ergersi a difensori della democrazia. Imbarazzante, in questo senso, la reazione dell’ex Pdl, schierato a difesa della giornalista contro il «fascismo mediatico» di Grillo (ultimamente, quindi, anche loro pensano che il fascismo sia una cosa brutta). Probabilmente quel Silvio Berlusconi che, non contento del suo strapotere mediatico, lanciava da Sofia l’editto che avrebbe spazzato via dalla Tv Biagi, Santoro e Luttazzi (per fare solo i nomi più noti) è un omonimo del leader del centrodestra che solo due settimane fa sedeva in Senato. Mirabile l’espressione di solidarietà da parte di Mara Carfagna che, forte di un partito noto per la rivalutazione del ruolo femminile, si scaglia contro la misoginia pentastellata: «La democrazia a 5 stelle? Le liste di proscrizione dei giornalisti non allineati. Meglio se donne». Forse, il centrodestra dimentica il dossier elaborato otto anni fa contro «L’Unità», rea di insegnare «intolleranza, odio, addirittura razzismo verso il demonio Berlusconi», prendendo spunto proprio da un articolo della Oppo. Ma si sa, i tempi cambiano e ora, grazie alla brillante rubrica di Grillo, anche i seguaci di Berlusconi possono ergersi a paladini della libertà di informazione. Non sorridete, non siete su Scherzi a Parte, è tutto vero.

Leggendo il post di Grillo, sembra quasi che la Oppo attacchi il MoVimento solo perché, in caso di vittoria, ha già pronta la ricetta per risollevare i nostri miseri risultati nelle classifiche internazionali sulla libertà di stampa: l‘abolizione del finanziamento statale all’editoria. L’Unità, Libero e molti altri chiuderanno, molti giornalisti andranno a casa e, finalmente, l’informazione in Italia sarà libera. A dominare, incontrastato, rimarrà il mercato: più ti leggono, più pubblicità hai, più guadagni. Che c’entra, ad attirare di più (soprattutto click) sono i gattini che giocano a Ping Pong, la farfallina di Belen e bizzarre teorie del complotto (ognuno ha le sue perversioni), ma ognuno avrà la stampa che si merita. Business is business, baby. E poi, eliminato il finanziamento pubblico, rimarranno sempre i privati a garantire un’informazione giusta e imparziale: si sa che l’obiettivo di filantropi come Berlusconi, De Benedetti e Caltagirone (per fare qualche nome a caso, ma potremmo anche dire Casaleggio) è farci scalare la classifica di Reporter sans Frontieres, in cui anche quest’anno ci piazziamo al 57esimo posto (e siamo migliorati!). E la rete, già. La rete gratuita, potenzialmente infinita, apparentemente democratica. La rete che ci dà l’illusione di libertà, che ci fa credere che, finalmente, non siamo più manipolati.  Sembra che solo attraverso il web si possa essere correttamente informati: o, almeno, questo è quello che ho letto su internet. 

di Costanza Giannelli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *