Goodbye Lenin
Cosa sono state e come sono classificabili le Primarie del Partito Democratico? Tendenzialmente, basterebbero due parole: successo assoluto.
Sembrano passati anni luce dalla travagliata elezione di Giorgio Napolitano al Colle, dalle occupazioni delle sedi da parte dei militanti e dalle contestazioni nei confronti dell’alleanza – la seconda consecutiva – con Berlusconi e il Pdl.
Il mal di pancia nei confronti di chi prometteva di smacchiare il giaguaro ed è invece finito a farcisi cavalcare sembra in effetti totalmente dimenticato: 3 milioni di persone hanno preferito i gazebo del principale Partito di sinistra a una passeggiata in quella che era una assolata – seppur fredda – domenica di shopping prenatalizio. Tuttavia, un pizzico di risentimento pare palese e i risultati non lo nascondono.
Raccogliendo il 68% delle preferenze, non si può negare che Matteo Renzi sia il vincitore assoluto, totale, globale della giornata di ieri. Ma al suo fianco, va segnalato un altro dato a suo modo importante: il 14% di Giuseppe Civati. Era lui il vero outsider, la “mina vagante”, l’uomo delle possibili sorprese all’ultimo momento, in grado di poter turbare i sonni sicuri del Sindaco di Firenze. Sommando le percentuali dei due più giovani candidati alla segreteria dei Dem, se ne ottiene uno spaventoso 82% ottenuto dai due quarantenni alla carica.
Il dato risulta schiacciante nei confronti del 18% di Gianni Cuperlo e merita una analisi. Il candidato triestino rappresentava infatti – per certi versi – la continuità della rappresentanza del Partito: quella che, per dire, ha attraversato la Prima e la Seconda Repubblica in rosso, tra i rami di un Ulivo e i petali di una Margherita. La debacle, è totale, e nonostante Cuperlo ironizzi dando la colpa alle proprie cravatte, è ascrivibile quale esplosione di una insofferenza di vecchia data nei confronti di una dirigenza che mai – eccezion fatta per il sempre contrastato internamente Romano Prodi – è riuscita a imporsi a livello nazionale. Per la parte ex comunista del partito sembra infatti ormai volgere al termine un’era; sintomatica, nel merito, la sconfitta di Massimo D’Alema anche nella sua terra, ove ha perso le primarie a Foggia contro Ivan Scalfarotto.
E se da una parte c’è chi esce sconfitto e uscirà fortemente rimaneggiato, dall’altra sembra già una corsa a lucidare il trono del vincitore, come testimoniano i complimenti bipartisan che arrivano anche da chi nei mesi passati ha rinnegato ripetutamente il carisma del Rottamatore. Certo, mentre Renzi annuncia la sua squadra per la segreteria con 7 donne e 5 uomini e una età media bassissima, viene da chiedersi cosa ne sarà di una vecchia classe dirigente mai vincente e ancor meno convincente. La stessa che partendo da sinistra si è accentrata sempre di più, sino a condividere, da un biennio abbondante, programmi, voti e decreti legge con personaggi non proprio sinistrorsi quali Fini, Formigoni, Alfano.
Lecito quindi chiedersi: sarà una reale vittoria dei quarantenni o rispunteranno gatti dalle sette vite (e sette partiti)?
di Mauro Agatone