Albapound: il diavolo veste nero
Secondo la legge 645 del 20 giugno 1952, l’ormai inutile Carta che regola la vita sociale nel nostro Paese sancisce che «quando un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica […] compie manifestazioni esteriori di carattere fascista» ed è pertanto soggetto a possibili risvolti penali che prevedono arresto dai 18 mesi ai 4 anni.
In Italia però, si sa, le leggi sono fatte per essere studiate negli Atenei e dimenticate una volta fuori. È così che negli anni, grazie all’indifferenza e all’incuria dei vari partiti, partitelli, tecnici e coalizioni che si avvicendavano sui troni che contano, abbiamo potuto con gioia assistere alla nascita e allo sviluppo di numerosi movimenti dallo spiccato – e non nascosto ma anzi orgogliosamente sbandierato – carattere fascista. È questo il caso di un noto gruppo romano che decide di realizzare un centro sociale a Roma, nel bel cuore della Chinatown più grande e multiculturale della Capitale. In pochi anni guadagna i suoi spazi, i suoi consensi e i suoi immobili, grazie a taciti assensi e indicibili accordi tra gli alti potenti dal Campidoglio in giù. Le percentuali di voto permangono tuttavia intorno allo zerovirgola ma si sa, quando si percepisce il fruscio sporco della moneta contante, tutto si può. Questa è Casapound in pillole, ma è bene ricordare come non si parli di un caso isolato nel panorama italiano e ancor meno in quello europeo.
Gli anni struggenti di questa interminabile crisi economica hanno infatti tolto non solo il pane ma soprattutto la dignità, la speranza, la voglia di vivere a molti cittadini europei che percepiscono gli spettri di vessazioni, complotti e tentativi di immiserimento “fatti apposta” per degradare la società e chi la vive. La risultante è che con un presente così terribile davanti agli occhi, diviene difficile ricordare il passato: la tentazione è quella di mandare all’aria tutto, lasciando spazio ai nervi, alla rabbia primordiale e alla voglia di rivalsa a tutti i costi. Sono i motivi sociologici, le cause di quelle guerre tra poveri che non possiamo trovare in nessuno studio degli economisti e che difficilmente chi è in giacca e cravatta ha voglia e capacità di comprendere, spiegare e interpretare. Per ritrovare un po’ di lucidità e di accortezza, basterebbe leggere qualche manuale di storia per capire che fu proprio nel più buio dei tunnel che i tedeschi e gli italiani pensarono di ritrovare la luce nelle figure populiste e arringa folle di Hitler e Mussolini, affidandosi a loro in toto.
Fossimo in un Paese, in uno Stato federale, in una confederazione, ci si renderebbe conto degli sbagli e si farebbe in modo di evitare le conseguenze (almeno quelle eludibili). Tante volte però, sembra quasi che chi dovrebbe vigilare chiuda un occhio. Ben volentieri.
In Italia, nello specifico, siamo in un periodo di moniti a tutto campo del Presidente della Repubblica, circondato e amplificato da strali di pappagalleschi difensori genuflessi e accondiscendenti su qualsivoglia tema e qualsivoglia situazione. È per questo che stranisce, ai limiti dell’orrore, una mancata indignazione generale per l’avvenimento settimanale di Roma: quell’incontro Casapound – Alba Dorata che non va criticato per essere di cattivo gusto, retrò o un po’ kitsch ma bandito perché immorale e fuorilegge. La stessa ammissione di avere un fantomatico medesimo programma politico dovrebbe preoccupare la sicurezza pubblica, quella stessa che in Grecia ha dovuto assistere inerme alle disumane repressioni violente da parte di Golden Dawn nei confronti di immigrati e oppositori, politici e non. L’appeal dei santini nostalgici, dei busti del Duce da una parte e delle bandiere dei Colonnelli dall’altra, dovrebbe indurre a riflessione chi non si frappone al celebrarsi di simili simposi. Non bastano le parole, i buoni propositi e le supercazzole: serve una base seria di informazione che combatta la costante ondata di deflagrante impoverimento culturale; paesi come Grecia e Italia ma anche Francia, Spagna e Germania rischiano grosso, e non può essere né una repressione ostentata e né una priva di carattere a ergersi da baluardo.
Serve tanto, è vero, a maggior ragione dato che nulla si è fatto, ma si potrebbe cominciare con poco. Con un monito, per esempio.
di Mauro Agatone