La Corte di Cassazione scende in campo contro lo shopping.
La prima Sezione Civile della Cassazione con la sentenza 25843/13, pubblicata il 18 novembre, confermando la decisione della Corte di Appello, ha disposto l’addebito della separazione nei confronti della moglie affetta dalla sindrome dello “shopping compulsivo”,facendole perdere il diritto al mantenimento.
La Ctu ordinata dal giudice di merito aveva si evidenziato che la donna era affetta da un disturbo della personalità, ma, che tale disturbo anche se acclarato, non escludeva l’addebito della colpa alla donna nei termini dell’intollerabilità della convivenza.
La consulenza tecnica d’ufficio ha costituito un elemento fondamentale per la decisione del Supremo organo. Evidenziando l’istinto irrefrenabile della signora a comprare, capi di abbigliamento,accessori, monili, con una tensione crescente è stata altresì accertata la circostanza che la stessa rubasse ai familiari e a terzi pur di soddisfare questa bramosia.
La donna risulta essere in possesso di tutte le facoltà mentali e non ha nessun problema a relazionarsi con il prossimo e a orientarsi nel tempo e nello spazio. Essendo stata quindi, affermata la piena imputabilità della donna, la Cassazione, ha ritenuto i comportamenti tenuti dalla stessa come violazione dei doveri matrimoniali secondo quanto stabilito dall’articolo 143 del codice civile.