Caso Cucchi: l’ospedale Sandro Pertini risarcisce la famiglia
Sono passati quattro anni dalla morte di Stefano Cucchi, geometra trentunenne deceduto il 22 ottobre 2009 a seguito del suo arresto; il ragazzo, fermato per possesso di droga il 15 ottobre dello stesso anno, venne processato il giorno seguente per direttissima e proprio in quella data fu confermata per lui la detenzione nel carcere romano di Regina Caeli.
Cucchi morì una settimana dopo per lesioni aggravate e ipoglicemia all’interno di un altro ospedale romano: il Sandro Pertini.
Per la Procura di Roma il giovane morì per malnutrizione, determinante fu la negligenza nella cura di Cucchi da parte dei medici del Pertini: si è parlato di ‘abbandono terapeutico’ e di mancato soccorso al malato. In seguito a questo il 5 giugno 2013 la Corte d’Assise ha condannato in primo grado quattro medici e, per omicidio colposo, il primario dell’ospedale romano. Decadute invece le accuse di lesioni personali e abuso di autorità per gli agenti penitenziari coinvolti nel caso, attraverso la formula dell’insufficienza di prove.
È di ieri invece la notizia del risarcimento danni che proprio l’ospedale romano offrirà alla famiglia del ragazzo morto; non è stata ufficializzata ancora nessuna somma ma l’avvocato della famiglia Cucchi pare abbia preso accordi ufficiali con l’azienda ospedaliera. Il risarcimento porterà ad una sorta di ‘contrazione’ degli atti d’appello: non ci sarà più la parte civile nei confronti dei medici, per ora gli unici accusati formalmente. Nessuna condanna per gli agenti di polizia penitenziaria, invece, che sarebbero responsabili delle precarie condizioni di salute in cui versava Stefano Cucchi all’arrivo in ospedale. Insufficienza di prove secondo il Tribunale di Roma, ma la famiglia del ragazzo non ci sta: «Quei medici hanno fatto gravissimi errori ma devono esser assicurati alla giustizia coloro che lo hanno pestato» afferma la sorella del ragazzo, proseguendo la sua battaglia per far luce su una morte così assurda. Il risarcimento è prima di tutto un riconoscimento delle proprie colpe, afferma il padre del trentunenne morto, in questa misura la famiglia ha accettato di buon grado la sentenza dei giudici e l’accordo con il Pertini; ma è necessario non fermarsi, continuare a scavare per far luce su uno dei casi di abuso di potere più losco del nostro paese. Una famiglia che continua a lottare, quella di Cucchi. Non si combatte solo per capire di chi sia la colpa, dice ancora la sorella del ragazzo, «è necessario che la morte di Stefano sia d’esempio per tutti gli organi di Stato e che quest’ultimo accetti di aver sbagliato, che lo riconosca: solo così potremo perdonare». Questo perchè, ricordiamolo, la giustizia è uguale per tutti.
di Elisa Maria Caterina Mariella