#19o, il corteo dei diritti a Roma: uniti contro l’Austerity
Diverse le realtà politiche che ieri, a Roma, hanno voluto far sentire la loro voce durante il corteo partito da Porta di San Giovanni e conclusosi davanti a Porta Pia, uno dei luoghi simbolo della Capitale; tanti i giovani attivisti accampati ai piedi della Basilica da venerdì notte che si sono mossi compatti nella giornata di sabato per la grande manifestazione contro l’Austerity e la precarietà nel mondo del lavoro, volta ad ottenere reddito e casa per tutti, soprattutto per i meno fortunati.
Il motto comune è stato fin da subito quello di ‘Più diritti per tutti’. Vari i gruppi aderenti alla manifestazione: dai No Tav della Val di Susa ai comitati sociali per il diritto alla casa. Oltre 4000 gli agenti di polizia mobilitati dal prefetto di Roma per limitare i possibili danni alla città, mezzi pubblici deviati e chiuse alcune fermate della metropolitana. Lo stato di allerta e le polemiche che hanno caratterizzato Roma nei giorni scorsi ricordano ancora a tutti i tafferugli e le guerriglie che il 15 ottobre di due anni fa misero a ferro e fuoco la Capitale, piegandola alle mazze di ferro e ai caschi neri dei gruppi anarchici insurrezionalisti. Molti i fermi fatti dalle forze dell’ordine prima di sabato, sequestrate armi e spranghe di metallo, arrestati nove anarchici sospetti. Premesse drammatiche e per nulla incoraggianti, che hanno spinto molti romani a rimanere nelle proprie case e i negozianti delle zone toccate dal corteo a chiudere i propri esercizi, alcuni anche blindati da saracinesche in acciaio. Limitata anche la possibilità di connessione al segnale 3G, per evitare scambi d’informazioni fra gli eventuali ‘elementi caldi’ nascosti fra le fila della manifestazione.
Il corteo, partito attorno alle 15 e 30 dal piazzale della Basilica di San Giovanni si è spostato eterogeneo e compatto fino a Via Merulana, con i manifestanti a ricordare le ragioni della manifestazione ben visibili sugli striscioni in testa ‘UNA SOLA GRANDE OPERA: CASA E REDDITO PER TUTTI’. Uno slogan chiaro e diretto, niente specularismi o costruzioni in cemento coi soldi dello Stato ma necessità d’impiegarlo per i bisogni della comunità, permettendo a tutti di condurre una vita dignitosa. I primi scontri però non si sono fatti attendere; il primo davanti alla sede di Casapound e subito sedato dalle forze dell’ordine che hanno impedito il contatto fisico fra i due schieramenti, quello di destra e quello di sinistra facente capo al corteo. Il secondo focolaio ha invece avuto luogo proprio davanti al Ministero dell’Economia, in via XX Settembre: qui un folto gruppo di Black Block ha dato il via al lancio di sassi, bottiglie e bombe carta ma sono stati subito fermati dalla polizia che ha riportato la calma fra i caschi neri. Verso le 19 e 15 i manifestanti si sono ritrovati davanti al piazzale di Porta Pia defluendo pacificamente verso le vie limitrofe, coordinati dagli agenti che hanno regolato l’allontanamento dei vari aderenti al corteo.
Nessun sabato nero, dunque, forse solo un po’ amaro per chi avrebbe voluto che non ci fossero le solite rappresaglie. C’è da capire, però, che questo non è stato il corpo della manifestazione tenutasi ieri, non erano questi gli intenti di chi ha viaggiato una notte intera per far sentire democraticamente la sua voce. Sono, questi, gruppi insurrezionali e anarchici che di democratico e ‘sociale’ non hanno nulla, solo un’incredibile voglia di distruggere tutto ciò che trovano sul loro passaggio. Sono i caschi neri, i vigliacchi nascosti dietro una maschera, quelli dal mantello nero e i giubbini imbottiti, pronti a picchiare duro senza però farsi guardare in faccia, quelli che ‘il nemico è lo sbirro, facciamolo fuori’. Questo non è stato che, purtroppo, un aspetto dell’incontro di ieri che in nuce ha sempre avuto solo la volontà di farsi sentire da un Governo sordo che dimentica come la voce di una società civile non sia quella dei pochi eletti ma del popolo che elegge; questo è l’unico modo per costruire le basi di una società nuova, diversa, libera: non dimentichiamolo.
di Elisa Maria Caterina Mariella