Legge di Stabilità in un paese instabile
Il grido «Giù le mani dalla sanità» riecheggia da una testata all’altra nelle ore d’attesa della legge di Stabilità, che si temeva avrebbe abbattuto la propria scure proprio su questo martoriato settore del nostro welfare. Dopo tanto scalpitare la legge si è mostrata nella sua veste ufficiale, con una sanità fatta salva.
In un paese instabile una legge che porta il nome di Stabilità ha un compito arduo, soprattutto se abbraccia un arco temporale di ben tre anni, dal 2014 al 2016. Un compiaciuto Enrico Letta, al termine del Consiglio dei ministri, ha dichiarato e più volte ribadito in conferenza stampa che i tanto paventati tagli sulla sanità, sul cui fuoco ha soffiato la stampa in questi giorni, non ci saranno. L’imponente manovra sembra aver ascoltato le proteste popolari in materia di pressione fiscale: le tasse per le famiglie e le imprese nel triennio passeranno dal 44,3% al 43,3%, con una riduzione di 5 miliardi e 600 milioni delle tasse sulle imprese.
Oltre alla riduzione della pressione fiscale, gli altri due obiettivi della manovra sono il calo del debito pubblico e il calo del deficit. Nel definire le linee finanziarie, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che entro fine anno saranno messe in campo una serie di privatizzazioni che porteranno alla riduzione del debito pubblico già dal prossimo anno. La manovra contiene anche 1,6 miliardi per il fondo di garanzia alle piccole e medie imprese; inoltre c’è un incentivo per il passaggio dai contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato. Solo 600 milioni però saranno destinati per la cassa integrazione in deroga, a fronte del miliardo previsto. D’altro canto c’è un allentamento del patto di stabilità per i Comuni che vira in direzione sviluppo.
Letta si compiace, orgoglioso di una manovra che, nonostante sia stata partorita da un governo che stenta a trovarsi d’accordo, sia riuscita a mantenere gli impegni con Bruxelles: «Per la prima volta siamo riusciti a fare una legge di Stabilità dove i conti quadrano senza aumentare le tasse e senza tagli al sociale e alla sanità». La manovra è di portata imponente, vale 11,6 miliardi per il solo 2014 e, considerato che si parla ormai da tempo immemore di coperta corta, ci si chiede quale sia il prezzo da pagare. È presto detto: 2,5 miliardi deriveranno da tagli al bilancio dello Stato, 1 miliardo verrà sottratto alle Regioni, 3,2 miliardi da dismissioni immobiliari e poi altri interventi fiscali e limature varie. 100 milioni si risparmieranno cominciando a votare solo di domenica e non più in due giorni. Il compitino è pronto e tutto sommato, considerate le difficoltà e le prevedibili rinunce, la prova scritta potrebbe prendere la sufficienza a Bruxelles. Speriamo che la prova pratica non deluda.
di Francesca De Leonardis