Ex mogli innamorate a Teatro Lo Spazio

C’erano una volta Erika e Maria. Loro si amavano, controcorrente.
E’ andata in scena ieri sera al Teatro Lo Spazio di Roma il primo monologo della trilogia “Ex moglie si innamora di ex moglie” che ha visto sul palco “l’altra”, cioè Erika, interpretata da Claudia Mei Pastorelli.

La storia che si è svolta sul palco fa parte della settimana che si sta svolgendo da lunedì 7 Ottobre e che prevede 12 monologhi tratti da storie realmente accadute, contro il femminicidio. “Storie di donne morte ammazzate”, con i testi di Betta Cianchini, prevede, quindi, anche una trilogia, l’altra, lei, lui. Due donne che hanno provato a vivere il loro amore alla luce del giorno, due “lesbiche” derise un po’ da tutto il quartiere, considerate “non normali”, un po’ fuori moda, se così si vuol dire.
Luci spente, sedia posizionata in avanti sul palco, centrale. Una donna seduta, testa bassa, mani giunte. “Sono Erika con la k, ho 40 anni e sono 3 anni che non parlo con nessuno. Sono morta, morta dentro”. Così inizia la storia di Erika. Una donna laureata con 110 e lode, con un marito forse un po’ troppo più grande di lei, che continua a chiamare papà invece di chiamarlo con il suo nome di battesimo. Lapsus freudiani che la fanno riflettere. Un amore agli sgoccioli ormai, di quelli che ti aiutano a capire chi sei veramente. Una sola passione in comune: l’arte, Giovanni Boldini e i suoi quadri. Più che quelli, i dipinti delle donne.
Erika è attratta da quei corpi voluttuosi e pieni di grazia e si accorge di amare le donne. Il marito, futuro ex marito, accetta la situazione, l’unico che lo fa e l’unico che più avanti gli dirà “se ti fa essere felice, allora va bene”, l’unico uomo che in tutta questa storia sembra capire davvero le donne. Inizia un periodo della sua vita fatto di incontri e sguardi fugaci, fino al momento del “tuffo del cuore”, l’incontro con Maria. Maria, dagli occhi gialli e con uno sguardo che nasconde qualcosa, lei con gli occhi malinconici e impauriti. La donna della sua vita, sposata e incinta. Ma non basta un matrimonio e una “notte sbagliata” per rendere la vita perfetta, anzi. {ads1}
Come in tutte le migliori favole, ecco che arriva il cattivo. “Un barba blu, ma senza barba”. Erika risponde alla richiesta di aiuto di Maria, una richiesta che inizia da uno schiaffo di Salvatore, marito di Maria, e da altri schiaffi, sempre più violenti. Le due donne iniziano una vita insieme, loro due e Alice, la piccola bambina. Alice cresce così, con mamma Maria e zia Erika. “E papà?” – “Papà lo puoi vedere, lo puoi vedere”. La bimba è l’unico collegamento tra Maria e Salvatore, tant’è che sembra diventare “un pacco”, sembra essere lei il collant. Continuano le minacce, continuano le lettere, arrivano le telefonate. Ma non bastano le denunce. Non basta l’avvocato. Non bastano i carabinieri. In questa situazione Erika ha dovuto combattere anche con loro. “Voglio essere sua moglie”. – “Come sua moglie?!”.
Arriva il 14 febbraio, il giorno di San Valentino e Erika e Alice si allontanano da casa perché Salvatore ha chiamato, Salvatore non si è arreso, rivuole sua moglie. Alice, invece, vuole sentire una storia, e così si tuffa nel mondo incantato della Bella addormentata del bosco dove scopre che un bacio può riportare in vita le persone. Erika, nel frattempo, ha già capito tutto, ma quando torna indietro è troppo tardi. Venticinque coltellate alla schiena hanno spezzato la vita di Maria. “Capaci di accoltellare alle spalle perché in faccia non sanno guardare!”. Questo urla disperata Erika, questo vuole trasmettere al pubblico in sala. Tutti hanno voltato loro le spalle, tutti non pensavano alla felicità di Maria, ma solo a quello che era giusto fare, e ecco com’è finita.
“Mi chiamo Erika e parlo solo con Alice. Alice ama le favole, ma non quella della Bella addormentata, perché con un bacio sua mamma non si è svegliata”.

Un monologo che fa riflettere, che ti lascia con un vuoto dentro. Un testo che si evolve: divertente all’inizio, scherzoso fino all’incontro tra le due donne, comincia a calare di ironia e va verso un crescendo di drammaticità e schiettezza da far venire i brividi. Il motto della rassegna teatrale é: blocchiamo questo spettacolo! Un controsenso? Affatto. Non va mai dimenticato. Questi spettacoli andranno in scena fino a quando ci saranno storie da raccontare. Basta, non le vogliamo più sentire.

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