Storia di una prostituta che si metteva i cerotti ai piedi
Si accende una luce, quel tanto che basta per illuminare un volto e isolarlo da tutto il resto che è lì, fermo ad ascoltare. Lei si racconta con semplicità, con la schiettezza di chi si fida guardandoti negli occhi. Lei, che ha avuto sempre quel dito autoritario puntato contro: “No, devi stare zitta!” le diceva. Ma ora può parlare, Roma è silenziosa e pronta ad ascoltare le confessioni di una prostituta, nate dalla penna di Betta Cianchini e prestate alla voce di Federica Quaglieri.
Può parlare di quando ha conosciuto l’amore, la vita e il male. Eppure ricorda ancora gli odori e i sapori dell’adolescenza e lo fa con quel taglio di ironica malinconia di chi sa, ma sa anche che ormai è troppo tardi. La voglia di scappare ce l’ha avuta ma si è fermata di fronte alle mura troppo alte di una città troppo grande. Infondo non era sola, sua cugina condivideva con lei lo stesso destino. Qualche volta si convinceva che tutto sommato quel male nascondesse anche un barlume di normalità: “Quando incominci a ingranà, ti compri le scarpe!”. Però pure quelle scarpe dopo un po’ cominciano a far male, tanto da farla ricordare come la prostituta con i cerotti ai piedi. Come cambiare ormai? Sono anni che lo fa, non sa fare altro, si dice. C’è un solo posto per lei ed è ai margini della strada. Solo quelle due corsie, di chi guida e di chi si ferma per avere una breve fuga con lei e pure con la foto di famiglia incastrata tra le banconote che le spettano. Denunciare? E poi va a finire come quella volta che l’hanno picchiata a sangue. Scappare? Ma chi sarebbe disposto a proteggerla? E allora aspetta che il tempo faccia il suo corso e continui a smorzarle la voce fino a liberarla dalla vita. Così la parabola si chiude. Cala il sipario e un’altra donna qualunque cede alla gravità del destino a cui l’hanno costretta.
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Se sul palco si drammatizzano le apologie della vita, allora è un dovere continuare con le ‘Storie di donne morte ammazzate’. Loro, come ce le racconta Betta Cianchini, non hanno un nome, un volto, hanno solo una storia da raccontare che le unisce. Potrebbe essere quella di una delle 113 anime uccise quest’anno o potrebbe essere il percorso di una donna che ancora può essere salvata. Fino al 13 ottobre, il Teatro lo Spazio ospiterà una maratona artistica che non ha come scopo quello di ricordare e commuovere ma ha quello di modellare la società con le forme di una donna di cui ha un vitale bisogno.
di Maria Chiara Pierbattista