Femminicidio: la tortura silenziosa dell’essere donna
Molto si discute sulla violenza di genere, in realtà i modi in cui lo si fa o sono dimessi e falsi, o esageratamente accesi, senza troppe vie di mezzo: il corpo della donna o è uno spettacolo da esibire nei talk show, come un vestito sfarzoso di cui non bisogna vergognarsi, oppure, più spesso, il corpo della donna è una cosa da manipolare e torturare e in questi casi le denunce, quando riescono a rompere il silenzio, paiono dimesse e strazianti come preghiere, tra lacrime e sensi di colpa.
Il fatto che sia finalmente un argomento senza tabù, fa comprendere quanto, in realtà, il problema della violenza nei confronti delle donne sia diffuso e, negli ultimi anni, dilagante. É come se si fosse scoperchiato il vaso di Pandora e l’indole mite del gentil sesso, dettata dallo stereotipo della buona madre, brava donna di casa e dolce concubina, pavida e insicura, sorto nell’ambito della cultura politically correct, si palesa oggi con grande evidenza come un’ ipocrisia sociale che, da sempre, presta il fianco e asseconda ben altri stereotipi maschili.
Il machismo, il bullismo, lo satus symbol del ‘latin lover‘, l’uomo che non deve chiedere mai, sprizzano prepotenza e ignoranza da tutti i pori, sono solo pretesti per soggiogare, prevalere e vincere facile, azzittire e azzerare ogni differenza di genere con forme di controllo deviate e folli ma socialmente concesse. Nei secoli dei secoli, questi rappresentano i naturali giochi di forza da cui la donna esce sempre vinta e mai vittoriosa. E per un unico motivo: la partita si gioca su campi impari e con regole sleali. La presunta superiorità maschile è radicata ai primordi dell’uomo, a quanto si evince dalle Sacre Scritture e diventa, così, pregnante di una certa cultura e moralità sessista e oscurantista. Una mentalità annidata e rinchiusa all’interno di luoghi di culto e gerarchie ecclesiastiche, responsabili di aver diffuso l’immagine di una donna schiava e addolorata, dipendente e minorata. Contro tutto ciò, le innumerevoli voci di protesta e denuncia di donne e di uomini vicini alle loro donne che dicono basta a certe consuetudini sociali implicite, appoggiandosi alle nuove frontiere dei diritti umani, alle avanguardie sociali e alle strepitose risorse che le donne sprigionano nei più differenti campi di studio e lavorativi , prima di prevalente appannaggio maschile. Sono proprio questi uomini, figli, fratelli, compagni, mariti, a rendersi conto di quanto una donna sia indispensabile alla vita e a perseguire la strada del rispetto del suo nome e della sua propria identità, ma, soprattutto, di una sessualità libera, fortemente voluta e goduta dagli uomini stessi e sancita nel tempo nelle varie leggi, dall’aborto alla fecondazione assistita, frutto di una consapevolezza sempre maggiore del significato del ruolo femminile.
La parola donna porta con sé pesanti bagagli, fin dalla nascita, la tradizione storica di tutti i soprusi perpetrati con indifferenza e inconsapevolezza, dapprima, dalle medesime donne del genere e, poi, i pesanti bagagli della crescita e di tutte le battaglie silenziose e sofferte per abbattere tali muri di noncuranza sociale e culturale. È per questo che troppe donne, tutt’ora, acconsentono tacitamente alle torture che subiscono, talvolta fino all’estremo, fino alla morte, perché sole e auto- emarginate in quanto colpevoli di una diversa conformazione anatomica, sensibilità, bagaglio di capacità e percezioni del mondo. E in un mondo fatto dagli uomini, l’adattamento femminile non può non essere impari, questo adeguarsi non può che impoverire alcuni fondamentali aspetti dell’essere donna, invece di riconoscerne il valore intrinseco. Per tutto ciò sono ancora elevatissime le statistiche riguardo il femminicidio e la violenza famigliare in Italia, per il primo si parla di moventi sentimentali, mentre, per il secondo, si tratta più semplicemente di liti finite male.
Secondo l’Eures, da gennaio, sono 81 i femminicidi, ovvero, donne morte ammazzate. Più o meno il numero è rimasto stabile nel tempo, presenta solo un lieve picco ma un’allarmante caratteristica: il femminicidio e l’omicidio, in generale, è un male definito dalla direttrice Istat Linda Laura Sabbadini, strutturale alla nostra società. E, per la prima volta, iniziano a crollare anche quelle coperture e quegli altarini che affibbiavano al solito rumeno ubriaco la responsabilità di tutte le molestie che l’italiano (italiota) sfoggia a sostegno del suo vacillante ruolo di maschio, perché, sempre secondo le statistiche, sarebbero tutti criminali made in Italy.
Le motivazioni a sostegno del sentimento e dell’amore perversi e malati, e non a motivo del crimine maniacale, sarebbero: volontà di controllo, possesso, gelosia, insicurezza, diffidenza, disistima, incertezza. Una miscela esplosiva innescata dall’istinto assassino che miete vittime innocenti, sulle quali si canalizza tutta l’ira e l’insoddisfazione di una mascolinità monca, incompleta, immatura, perversa. E il 30% delle donne che cominciano a parlare dei propri abusi, dichiara di farlo per la prima volta, quasi tutte dopo anni di relazioni soffocanti. Un’aggravante dell’omertà che rafforza il terrore subito. Tanti sono, però, gli obiettivi raggiunti verso una maggiore apertura e un forte contrasto a queste pratiche becere, il cui unico significato riguarda, di base, un’impotenza maschile. La Convenzione di Istanbul ha reso espliciti e internazionalizzato, per la prima volta, nel 2011, i diritti di genere con riferimento alle pari opportunità, condannando perentoriamente la violenza sulle donne. In una prospettiva evolutiva dei diritti umani sanciti in ambito internazionale, verso la non-discriminazione sessuale e l’emancipazione femminile. E pare aprirsi a questi orizzonti di sviluppo anche il nostro ordinamento con l’approvazione del decreto contro il femminicidio, proposto e atteso già da diversi anni, e firmato ieri dal Min. Angelino Alfano. Certo la discussione fatta ad opera di un establishment politico che soltanto da poco ha estromesso la figura controversa di un Leader padrone, donnaiolo e corrotto, fa pensare ad una netta inversione di tendenza dopo il berlusconismo arrembante dell’ultimo periodo.
Rappresenta, comunque, un segno di innovazione e di cambiamento, un evidente segnale di quanto le necessità e le istanze al femminile vengano finalmente raccolte e curate da una politica sempre più aperta alla partecipazione delle donne e, magari, anche sempre più diplomatica. Il testo del provvedimento presenta al suo interno forti prese di posizione e provvedimenti contro chi si macchia di violenza, molestie e abusi su donne e minori, ampie forme di tutela per donne e minori e di allontanamento della vittima dal colpevole, perché non ritorni tra le braccia del proprio esecutore. Nell’era di facebook, è previsto e contemplato come reato anche il fenomeno di cyber bullismo. Speriamo che quest’opera di sensibilizzazione, così avviata, raccolga un bacino sempre più ampio di donne e, soprattutto, di uomini e promuova il dialogo tra i sessi, sconfiggendo e annientando qualsiasi forma di discriminazione, involuzione, chiusura e paura.
Eva Del Bufalo