Dissenso in aula: i partiti concertano i propri privilegi
In barba alle richieste popolari, la tanto attesa legge sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è ancora in fieri e, anzi, è al momento del tutto bloccata. Il ddl, redatto da Maria Stella Gelmini (Pdl) ed Emanuele Fiano (Pd) e presentato alla Camera, non ha trovato la maggioranza ed ha provocato malumori e disamori.
Le incomprensioni vertono, sostanzialmente, su due punti nodali: il tetto sulle donazioni da parte dei privati, che il Pd vorrebbe fissato a 100mila euro e la depenalizzazione del finanziamento illecito, reclamata con forza dal Pdl. Il rinvio in Commissione per il mancato accordo, ha trovato la conferma del Presidente Paolo Sisto sull’impossibilità di concludere l’esame del testo che, quindi, rimarrà incompiuto, con le modifiche già apportate ma senza il voto su una quarantina di emendamenti, da ripresentare di nuovo alla disamina dell’Aula. Da tempo si attende un provvedimento in grado di regolare gli abusi su finanziamenti e donazioni ai partiti, ormai storici, meccanismi illegali che contraddistinguono la partitocrazia all’italiana.
Per non parlare delle riprovevoli vicende di Tangentopoli, gli scandali più freschi vedono coinvolto il senatore Luigi Lusi, espulso dai parlamentari del Pd per aver depredato le casse dell’allora Margherita. E gli investimenti in Tanzania della Lega, sul mercato immobiliare e finanziario: evidente esempio di quanto i rimborsi elettorali siano una schifosa copertura per una spartizione interna del bottino totalmente indebita, solo in minima parte usati per il rientro di spesa.
La voce dei cittadini non ha tardato a farsi sentire, infatti, dopo molti clamori da parte dell’opinione pubblica, nel 1993, è stato indetto un referendum promosso dai Radicali, per l’abolizione di alcune parti della Legge Piccoli, 2 maggio 1974 n.195, modificata ed integrata dalla legge 16 gennaio 1978 n.11, che ha aumentato ulteriormente il tetto massimo stabilito.
Vent’anni or sono, a fronte di un quorum del 77% dei votanti, ben il 55% degli elettori ha votato “si” all’abolizione del contributo statale al finanziamento pubblico dei partiti politici. Il risultato? Una nuova legge la n.96 del luglio 2012 ha creato un fondo unico per il finanziamento pubblico e il rimborso di spese elettorali, pari al 70% del totale e un altro per il cofinanziamento per donazioni private di un buon 30%. É sbalorditivo che tale richiesta sia stata del tutto ignorata anche se, allora come oggi, si leva da un’opinione pubblica che si sente derisa e offesa da questo tipo di consuetudini di un sistema partitico ormai degenerato; consuetudini acclarate dalla ‘nonchalache’ con cui si richiede addirittura una depenalizzazione degli introiti illeciti, come tacito accordo a delinquere che, però, può magicamente innalzarsi al rango di lex.
Insomma i partiti di certo non se la passano male e, in quanto ad investimenti e consumi, provvedono a mantenere alta la domanda, mentre sul risparmio, difettano un pochino ma, che volete che sia? In fin dei conti, al pari di ogni azienda anche i manager dello Stato ‘enterprise’ hanno bisogno di respiro economico, beni immobili, paradisi fiscali e investimenti all’estero, altrimenti sempre la solita routine, che barba!
Eva Del Bufalo