“Viaggio nell’Italia che cambia”, 50 anni a confronto
Dai programmi più piccoli, ma non per questo di minor qualità, come “Hotel Patria”, “Paesaggi con Figure”, “Confessione Reporter”, “Num3r1”, “Le vite degli altri”, “Dieci Comandamenti” ai più affermati come “Report” e i vari talk show di attualità e politica, la passione per le inchieste giornalistiche di ogni genere ha dimostrato di essere un punto di forza per la televisione italiana.
A sostegno di questa tesi, a cinquant’anni di distanza, torna un fiore all’occhiello della Rai: “Viaggio nell’Italia che cambia”.
Se nel 1963 era il celebre giornalista Ugo Zatterin a registrare da nord a sud i cambiamenti di una nazione catapultata nel boom economico, adesso è Edoardo Camurri, con un nuovo linguaggio, ma un’attenzione fedele alla versione in bianco e nero, a raccontare alcune realtà di un’Italia che cerca di uscire dalla crisi economica. In onda il sabato in prima serata su Rai Storia, “Viaggio nell’Italia che cambia” mostra in 40 tappe come i cittadini sentano sempre il bisogno di rinnovarsi. Proprio come cinquant’anni fa, c’è chi ancora crede nel potere del Totocalcio e chi continua le tradizioni familiari in un lavoro artigianale producendo, ad esempio, capolavori come i violini Stradivari e Amati. «Nel corso degli anni l’Italia ha progressivamente dimenticato la cultura materiale e i mestieri artigiani. La conoscenza dell’origine delle cose, della materia di cui sono fatti gli oggetti, della fatica e dell’abilità necessarie per dare forma al mondo, nel frattempo, sono diventati il segno di riconoscimento di pochi iniziati», spiega Camurri. Dalla tradizione al futuro, i riflettori sono puntati sui futuri artigiani che studiano al Politecnico di Milano, fondendo lo studio del design e le innovazioni tecnologiche. “Viaggio nell’Italia che cambia” presenta un messaggio ottimista mantenendo un confronto con quello spirito di iniziativa che apparteneva anche agli italiani di decenni prima. Il costante utilizzo di materiali d’archivio arricchisce questo racconto parallelo oltre che ad animare la visione stessa delle inchieste. Anche se di vere e proprie “inchieste” Camurri non ama parlare. Così l’ex conduttore di “Mi manda Rai Tre” presenta il suo lavoro: «Il nostro non è giornalismo d’inchiesta, è giornalismo narrativo. Vogliamo raccontare il Paese senza necessariamente spiegarlo, ma ci ispiriamo a figure roboanti e magnifiche come Mario Soldati, Ugo Gregoretti, Edmondo Berselli: sono questi i nostri maestri […] Non sono un istituto di statistica e non voglio produrre discorsi edificanti, rivendico la libertà narrativa senza pretese di verità».
Dalle difficoltà ci si rinnova e dal viaggio si cambia prospettiva e ci si arricchisce: è questa l’idea alla base del programma. Ricordare lo sviluppo industriale e culturale degli anni ’60, mentre si analizzano le problematiche, il coraggio e i desideri di oggi. “Viaggio nell’Italia che cambia” è un progetto di Giuseppe Giannotti, Davide Savelli ed Eugenio Farioli Vecchioli. Scritto da Tommaso Franchini con la regia di Silvia Pizzetti e Davide Rinaldi. In linea con la filosofia del programma, ma lontano dall’ambiente televisivo, è da ricordare l’opera del giornalista e blogger Daniel Tarozzi che in italiachecambia.org ha esposto il suo di viaggio, «per raccontare un paese diverso, un’Italia che cambia, e per raccontare il nostro cambiamento, che nascerà dall’incontro e dal confronto con le mille realtà […] Cercherò di capire se il vento del cambiamento di cui tanti parlano sta davvero arrivando».