Sentenza Bolzaneto: un giorno di ordinario fascismo

Per un’intera generazione, in particolare per chi oggi ha tra i trenta e i quarant’anni, il G8 di Genova 2001 costituì uno spartiacque. Le ultime leve della  generazione X, per definizione considerate apatiche, figlie del consumismo e prive degli slanci ideali che caratterizzarono i baby-boomer, scoprirono il proprio potenziale  rivoluzionario mentre il movimento anti-globalizzazione iniziava ad andare in pezzi: prima schiacciato dalla repressione, poi sgretolato dalle contraddizioni interne e dalla scarsa preparazione politica. 

Il movimento fu represso perché intorno ad esso il livello di partecipazione stava crescendo, raggiungendo livelli sconosciuti alle proteste degli anni 80 e 90, crescita di cui il G8 di Genova rappresentava il momento apicale. La globalizzazione neoliberista, che nessuno aveva votato,   veniva messa in discussione quando forse il corso del suo sviluppo poteva ancora essere cambiato.  I sanguinosi fatti di quel Luglio rappresentano di certo una ferita collettiva, ma anche l’unico ricordo comune che vide quella generazione potenziale protagonista. Seppur con una divisa addosso, alla stessa generazione appartenevano gran parte degli agenti delle forze dell’ordine.

A dodici anni di distanza sappiamo che le responsabilità politiche di un governo i cui esponenti ancora infestano la vita pubblica del paese, non saranno mai accertate nel dettaglio: non a caso nel 2007 un Parlamento di colore opposto bocciò l’istituzione di una commissione parlamentare sull’accaduto.   La morte di Carlo Giuliani resta un paradossale caso di morto ammazzato senza processo, senza assassino e soprattutto senza spiegazione,  se si esclude una dinamica balistica improbabile quanto conveniente. Le responsabilità giudiziarie hanno negli anni, in diversi filoni di inchiesta (scuola Diaz, Piazza Alimonda, Piazza Manin, processi per devastazione e saccheggio, etc… ), prodotto condanne per i manifestanti e per le forse dell’ordine,  spesso contestate e insufficienti.  

In questo contesto non fa eccezione la sentenza della Corte di Cassazione del Giugno 2013 che condanna a pene tutte inferiori ai 4 anni sette persone, per le violenze subite a Bolzaneto da ben 300 attivisti, dopo che nei precedenti gradi di giudizio la prescrizione aveva esonerato dal giudizio 37 altri imputati.  Sentenza di cui ieri sono state depositate le motivazioni e che, se come detto nulla chiarisce sotto il profilo politico e ben poco commina sotto quello penale, molto ci dice sul piano storico.
Noi che siamo nati nella democrazia e nell’illusione di avere dei diritti inalienabili nel luglio 2001 abbiamo scoperto che l’una e gli altri sono revocabili e non soltanto in un contesto operativo di emergenza dell’ ordine pubblico, ma a freddo con premeditazione, nelle buie celle di una caserma adibita a tale scopo, lontana dalle telecamere, dal biasimo della gente di comune buon senso e dalla Costituzione.

I giudici hanno scritto nero su bianco che a Bolzaneto è  stato “accantonato lo Stato di Diritto”. I giudici hanno scritto che le vessazioni ai danni dei fermati erano “non necessitate dai comportamenti di costoro e riferibili piuttosto alle condizioni e alle caratteristiche delle persone arrestate, tutte appartenenti all’area dei no global”, quindi si trattò di pestaggi politici. I giudici hanno descritto pratiche di violenza contro inermi tipiche della tortura, per quanto un reato specifico non sia stato ancora introdotto nel nostro ordinamento.
Nel Luglio 2001, nell’Italia democratica e ottimista, la nostra generazione assaggiò un giorno di ordinario fascismo. Di questa verità abbiamo il dovere di conservare la memoria e il monito, affinché non accada più e non tutto il sangue sia stato sprecato.

di Daniele Trovato

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