Che strano chiamarsi Federico
“Capitoli di un grande romanzo che ha per tema il lato buffo dell’esistenza”, sono definiti così i film di Ettore Scola, “maestro del climax”. Eccentricità e tradizione, la semplice sopravvivenza che sostituisce la comune riflessione sul senso della vita, il conseguente adattamento dei protagonisti rappresentano la linfa vitale del cinema Scola.
Sempre attento a raccontare l’Italia senza tanti giri di parole il regista dirige Che strano chiamarsi Federico, film fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. In uscita giovedì 12 settembre, “l’album denso di ricordi” è ambientato nello Studio 5 di Cinecittà, seconda se non prima casa di Federico Fellini, interpretato da Tommaso Lazotti. Il film è un viaggio cinematografico composto di inediti pezzi d’archivio, emozionanti materiali di repertorio e “confessioni pericolose”.
L’energia e la professionalità del narratore Vittorio Viviani accompagnano il racconto di Ettore Scola dalla scena d’apertura, quando il diciannovenne Federico conquista Roma. Sono gli anni Quaranta e il protagonista intraprende la sua carriera collaborando con sceneggiatori, registi e attori come Marcello Mastroianni e Alberto Sordi, fedeli compagni di viaggio. Negli stessi anni il piccolo Ettore Scola entra a far parte del mondo cinematografico e satirico (Marc’Aurelio) di Federico Fellini col quale instaura una profonda amicizia. È proprio grazie a questa che il film biografico si differenzia dal solito documentario svelando curiosità e pensieri che il pubblico non si aspetta. {ads1} Sensibile, ironico-malinconico, tuttavia spontaneo, Che strano chiamarsi Federico è il ritratto del regista più … della storia del cinema. Meglio tralasciare ed evitare di essere scontati con l’uso spropositato di aggettivi banalmente noti. “Un album che raccoglie fotografie, ritagli, fiori secchi e magari persino una mosca rimasta pizzicata in mezzo alle pagine”, così lo definisce il regista, secondo protagonista e creatore di un vero e proprio “ritratto cubista”. Che strano chiamarsi Federico ci saluta con una serie di immagini felliniane entrate non solo nella storia ma anche e soprattutto nel cuore del XX e XXI secolo. Semplice risultato del lavoro congeniale di un “burattino libero da tutti i vincoli, anche dalla morte”.