Stato di diritto e di rovescio
Osservando come vanno le cose in questo paese viene a volte da pensare a un’antichità ucronica in cui al tramontare della civiltà ellenica tutti i sofisti si trasferirono nel centro dell’impero romano, mentre i filosofi andarono a disperdersi presso i germani, i galli e i sassoni. La differenza tra sofisti e filosofi è nella servitù, i primi votati alla vittoria i secondi alla verità, e nei mezzi, la retorica per gli uni e la logica per gli altri. Con la retorica si può accumulare consenso e spuntarla in qualche causa, ma è con logica che si costruisce il diritto.
E’ logico, anzi tautologico, che se la legge si vuole “uguale per tutti” (art. 3 della Costituzione) essa debba valere sempre e per ciascuno. E’ logico che se a norma di legge i gradi del giudizio penale sono tre, a una condanna definitiva in terzo grado debba seguire l’esecuzione della sentenza senza indugi e procrastinazioni. E’ logico che se 37 politici eletti sono già decaduti in virtù di una norma in quanto pregiudicati, il pregiudicato numero 38 debba seguire la stessa sorte finché tale legge resta in vigore. E’ logico che se la grazia viene concessa in mancanza di ragioni umanitarie, lunghi periodi di detenzione, ravvedimento da parte del condannato e serie ragioni per ritenere che essa sia stata cagionata illegittimamente, questa diventa un quarto grado di giudizio per di più arbitrario, ingiusto e ineguale, che potrebbero legittimamente pretendere tutti i condannati d’Italia.
E’ vuotamente retorico, oltre che paradossale, sostenere che il numero dei voti raccolti da un politico costituisca un attenuante per le sue responsabilità penali, soprattutto se i reati sono stati perpetrati mentre il condannato rappresentava gli elettori e le istituzioni, gettando onta sul proprio mandato e sul proprio incarico (art.54 della Costituzione). E’ retorico, oltre che miserabile, criticare ex-post la legittimità costituzionale di una legge da parte di chi l’ha scritta, voluta e votata, soltanto perché questa oggi gli è d’ostacolo. E’ retorico, ma soprattutto falso, affermare che in caso di esecuzione di una condanna passata in giudicato a carico di un parlamentare si configuri un Golpe, come inopinatamente asserisce la Santachè pretendendo che qualcuno la prenda sul serio. La logica vorrebbe si partisse dai fatti accertati in sede di dibattimento, che sono un’approssimazione giuridica della verità, e il suo esercizio conviene alla legittimità del diritto e quindi alla collettività. Nella politica, cioè la terra del consenso, opinioni, sofismi ed esercizi retorici trovano un proprio spazio di legittimità, nel diritto no, soprattutto quando si è chiuso il processo.
Per questo chi in quel processo è stato condannato fa di tutto per buttarla in politica, mentre chi dovrebbe tutelare i cittadini e la legge deve innanzitutto tenere separate le due sfere e rifiutare ogni spazio di mediazione politica su questioni giuridiche e penali passate in giudicato. Ora, se Violante può essere legittimamente sospettato di intelligenza col nemico grazie a un alacre e pluridecennale attività cripto-berlusconiana, stupisce come la Bindi possa affermare che la grazia presidenziale potrà essere concessa soltanto dopo che Berlusconi avrà lasciato la politica. In un colpo solo l’ex Ministro della Sanità scavalca le prerogative del Capo dello Stato (che già sovente scavalca quelle del Parlamento, del Governo e degli elettori), conferma la litania PDL secondo la quale il PD sarebbe promotore di presunte persecuzioni giudiziarie a fini politici e, cosa ben più grave, sottomette l’effettività della condanna penale ad un gesto politico del condannato, mescolando i due ambiti, politico e giuridico, come una qualsiasi valchiria dell’Esercito della Libertà. Il PDL si sente parte in causa per emanazione diretta del dominus e negozia per disperazione, ma la Bindi? A che titolo parla la Bindi? Assorbire gli schemi mentali che il nemico allestisce per propria convenienza è il primo passo per consegnargli la vittoria. Con questi difensori dell’art.3 tutto lascia intendere che ancora una volta a essere sconfitto non sarà soltanto il PD (poco male) ma la logica e il diritto, e con essi l’uguaglianza di tutti davanti alla legge.
Così è se vi conviene, verrebbe da dire storpiando Pirandello, nel paese dei sofisti la verità cambia volto al mutar degli interessi.
di Daniele Trovato