<<Infine il mio pensiero sull’Africa. Per comprenderla devi spogliarti non di ciò che sei ma di quello che credi di essere. L’Africa ti restituirà il tuo IO più profondo>>. Sono frasi rubate a Daniele Bellofiore, presidente di Terre nel Cuore, la Onlus poliedrica che attraversa quella parte ad Oriente del grande continente, abilmente munita di uno strumento poderoso e pericolosissimo: la possibilità.
Daniele scopre l’Africa come chiunque, come quei viaggi che si intraprendono ad un certo punto perché i piedi si posizionano uno davanti all’altro e iniziano a muoversi in direzione di un richiamo troppo invadente, a più riprese. Ad oggi questa associazione si ramifica attraverso le sue innumerevoli proposte, operando dall’interno con il presupposto di generare lavoro che miri all’autosviluppo di un Paese, che lo renda forte, indipendente, al riparo finalmente dagli effetti collaterali del post-colonialismo. <<Piccoli progetti>> così li chiama Daniele, che messi l’uno sull’altro profumano di concretezza: l’organizzazione personalizzata di viaggi itineranti lungo il continente, percorsi di volontariato su misura, sostentamenti all’infanzia e all’educazione. Emancipazione: rendere indipendenti quelle forme di economia di cui i Paesi godono, dalla pesca alla lavorazione della pietra saponaria, fiore all’occhiello della zona Ovest del Kenya; progettazione per la fabbrica di mattoni, creando una rete commerciale in Italia con sede a Roma. <<Perché il lavoro è qualcosa che resta nel tempo, che si può sviluppare, far crescere a prescindere dagli attori in campo>>. E come da un oblò comunque rassicurante per lo straniero, si snoda così la realtà di un Paese con le sue imperfezioni, i suoi mille paradossi, con quelle sfumature per cui la si ama, la si teme, talvolta la si maledice, sempre con il cuore traboccante di ringraziamento. Il Kenya è colore acceso da qualsiasi prospettiva lo si guardi, che ridona anche alla povertà più estrema quella parvenza di antica eleganza. La sua gente è affabile, in comunione con la natura e con il prossimo, e proietta sull’occidentale quella garanzia inconfutabile che il cuore è in grado di trovare riparo da qualsiasi situazione. Fortalezza di buone parole, di inni alla pace, di sorrisi bianchissimi che si mischiano alla terra rossa della Savana.
Eppure perché un Paese, che conosce l’indipendenza dal 1944, che ha lottato ed ha pagato con la vita la propria liberazione, vive ad oggi sotto il livello minimo di povertà? La gentilezza disarmante sembra essere un concetto globale, che non ammette eccezioni, e gli effetti del colonialismo gridano ancora su una popolazione troppo fragile, strutturalmente delicata, incline alla prepotenza di un’occupazione arcaica. Come inconsapevoli della forza infinita che possiedono, in grado potenzialmente di spogliare il mondo e rivestirlo a piacimento, si ramificano verticalmente gli effetti di quella parola tanto radicata, ponte tra due epoche: la corruzione.
Un sistema bilaterale a cui il turista accondiscende, incrementandolo. La cortesia si paga, la gentilezza viene accolta con il denaro, che genera il compromesso. La disponibilità anche verbale richiede e offre un vincolo che si traduce in soldi. Insomma, la moneta è in grado di arginare qualsiasi legge, qualsiasi. L’Ecpact, l’organizzazione che lotta nel mondo contro lo sfruttamento minorile, posiziona l’Italia al primo posto di visitatori per turismo sessuale di bambini: sono in media 15 mila i minori dai 10 ai 17 anni coinvolti nella prostituzione, promossi dalle famiglie che incentivano un business in grado di risolvere problemi alimentari all’interno di un nucleo.
Un’altra allegra promozione turistica in Kenya, diversivo di molti italiani, più precisamente di coloro che possiedono la residenza, è la tenera richiesta di adottare e addomesticare i cuccioli di scimmie. La signora Luciana, presidentessa della clinica di riabilitazione per scimmie a Diani mi racconta che il fenomeno di ‘addomesticare’ presuppone l’omicidio delle madri attraverso il pagamento delegato ai ragazzi del posto, che per pochi spicci accondiscendono ad ogni genere di richiesta. Ma una volta in casa, la convivenza si trasforma in una prigione angusta, insopportabile, così i signorotti delegano le scimmie alla signora che attraverso mesi, talvolta anni, restituisce loro la libertà. Ma in un Paese in cui il turista si lascia prendere dall’emozionalità e non vuole percepire la differenza monetaria, crea egli stesso un’aspettativa che diventa irrimediabilmente consuetudine.
E poi ci sono gli altri infiniti volti di un’Africa che vuole affermarsi, che pretende rispetto, che cerca la sopravvivenza attraverso il lavoro e la professionalità. Nancy rappresenta la vocazione delle donne che malgrado i disagi vogliono mettere in luce la loro vocazione. Madre di due figli che abita in un villaggio di capanne è titolare di un coiffeur pagando un affitto salatissimo, ma a denti stretti resiste. Daniel fa il driver, lavoro piuttosto proficuo sulla costa, non vuole saperne di fare il beach boy sulla spiaggia aspettando che la fortuna faccia il giro; lui va incontro al suo destino girando come una trottola tutto il giorno e garantire così un’educazione adeguata alla famiglia. E poi c’è Abdala, tesoriere di un villaggio di pescatori, che con l’aiuto di Terre nel Cuore cucina pranzi prelibati ai turisti e li accompagna alla scoperta dei tesori del mare. Facce sorridenti che rappresentano l’altra Africa, quella per cui si perde la testa, la cognizione del tempo e dello spazio, quella per cui si fa una promessa in silenzio quando si torna a casa: tornare per viverla, ancora e ancora.