Ciampino: quel ghetto tra i rifiuti tossici

campo-nomadi-ciampinoC’è un pezzo di terra, tra Ciampino e l’ex X municipio in cui due anni fa sono stati spesi circa 10 milioni di euro pubblici, al fine di erigere quello che verrà chiamato il campo La Barbuta. Si tratta di un’area (non) attrezzata con l’intento di accogliere a braccia tese tutta quella parte di popolazione cosidetta rom che comprende varie tappe della Capitale, da Tor de Cenci fino ad allargarsi, a macchia d’olio.

E allora tutti lì, vicini vicini, hanno ben pensato i big della giunta di qualche anno fa riunitisi intorno ad un tavolo a partorire pillole saggie, a gogò. Un lavoro da Certosino in grado di inglobare 650 individui, tenerli lì, agglomerati in un solo contenitore piuttosto che sentirli o peggio ancora vederli aggiudicarsi piccole porzioni cittadine. Un’area in sostanza dimenticata, come un pascolo lasciato a se stesso, non in grado di auto sostentarsi non avendo a disposizione un’organizzazione funzionale.

E in quella terra di nessuno, che dall’informazione ricorda le strade clandestine degli anni ’70 siglate Beretta, prolifera indisturbata nel sottosuolo un’altra città, strisciante, che si costruisce poco a poco nel sotterraneo silenzioso accanto al campo-ghetto. Sotto quella porzione di vincoli archeologici, aeroportuali e idrogeologici propagano circa 5 mila metri cubi di morbidezza, detti rifiuti soprattutto tossici. Carichi di camion transitano giornalmente e percorrono indisturbati un breve tragitto che conduce alla discarica abusiva. Poi, a fine corsa rientrano in deposito e attendono la prossima chiamata, a seconda delle necessità. Nel miscuglio putrido si trova di tutto, dai rifiuti alimentari a prodotti che richiedono procedure di smaltimento particolari, a sostanze che la terra non sarà mai in grado di smaltire, provocando a contatto con l’aria un sodalizio ad alto rischio per la salute.

Quindi tutti sull’attenti ora, in fila indiana a sequestrare e denunciare i responsabili di questo transito assurdo e pericoloso, soprattutto loro, a gran sorpresa, i conducenti dei camion.

Nei quartieri privilegiati di Roma, è talvolta complicato raggiungere quei piccoli contenitori bianchi dentro cui depositare batterie e termometri. Per smaltire un asciugacapelli occorre pagare, per sbarazzarsi di un telefono in linea con le norme ambientali occorre pagare. Questi 10 milioni di euro pubblici al servizio della solidarietà non hanno previsto alcuna forma di tutela ambientale. Non sono state attuate in nessun momento strutture a garanzia dell’igiene, e gli oltre 650 inquilini della Barbuta sono stati messi al pascolo senza un’attenzione all’educazione, non sono stati tutelati e accompagnati nel lungo e interessante processo alla civilizzazione e all’attenzione di sè.

di Nicoletta Renzetti

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