Italiani contro l’omofobia. Forse.

L’Italia è il paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di omofobia eppure non ha alcuna legislazione penale esplicita contro gli atti di discriminazione e di incitamento all’odio sulla base dell’orientamento sessuale. Prendere provvedimenti è talmente urgente che nemmeno i limiti di marca pidiellina sono riusciti a vaporizzare un ddl sull’omofobia, che il 26 luglio approderà in aula.

Sono dodici i paesi europei che vietano l’omofobia per Costituzione e undici quelli che hanno adottato apposite norme nel loro Codice Penale. In Italia, oltre al generico articolo 3 della Costituzione, non troviamo molto altro in fatto di regolamentazioni. Questo in barba alle raccomandazioni del Parlamento europeo che già il 26 aprile 2007 ribadiva caldamente «il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso» e condannava «i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo». Parole al vento nel nostro paese se c’è un Giovanardi qualunque che a una proposta di legge bipartisan contro l’omofobia e la transfobia contrappone la sua stizza moralista definendo il provvedimento «contrario ad ogni principio di cultura liberale, non a caso fortemente voluto da chi proviene dalla storia e dalla mentalità comunista».

Certo non c’è l’ombra di un passato comunista che possa aver guidato la mano di Ivan Scalfarotto (Pd) e Antonio Leone (Pdl), relatori di una proposta di legge contro l’omofobia e la transfobia di cui da tempo la società civile chiede il varo ma che ha avuto un percorso puntellato di buche e ostacoli: il ddl, depositato alla Camera il 15 marzo scorso, è stato oggetto di una pioggia di circa 400 emendamenti, accusato dai cattolici del Pdl e da Scelta Civica di introdurre un reato d’opinione, come se provare sentimenti discriminatori fosse un diritto. A ogni modo il ddl non si spingeva troppo in là e si limitava semplicemente a punire atti e istigazioni all’odio verso una minoranza. Una tutela minima ma che si è ugualmente tirata addosso le ostilità della combriccola composta da Maurizio Lupi, Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Maurizio Sacconi, promotori di una moratoria e sostenitori della non priorità dei temi etici, fatti passare come vezzi che servono solo a spaccare la maggioranza e a far perdere tempo rispetto alle questioni urgenti, di carattere marcatamente economico. Posto che senza ostruzionismo non ci sarebbe nessuna perdita di tempo, da quando in qua la civiltà di un paese è di secondaria importanza?

Viste le rimostranze il testo è stato riscritto: di quattro articoli ne è rimasto uno solo, che si limita a introdurre i nuovi reati di transfobia e omofobia e non prevede più l’estensione dell’articolo 3 della Legge Mancino, ovvero l’aggravante della pena per i reati compiuti con intenti discriminatori. Il testo depurato è stato approvato dalla commissione giustizia della Camera, con Pd, Pdl e Sel a favore, M5S e Scelta Civica astenuti e Lega contraria. La discussione in aula inizierà venerdì 26 luglio, ma resta aperto il nodo dell’aggravante per omofobia, che per Sel è di fondamentale importanza e che, mancando nel testo, rende la legge diluita, come un contentino che necessiterebbe dunque di rimaneggiamenti futuri per mano di un governo più forte.

di Francesca De Leonardis

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