“Oggi Froci”: l’algoritmo Facebookiano censura Giuliano Ferrara

Giuliano Ferrara e Mark Zuckerberg: un’improbabile coppia di nemici, eppure nei giorni scorsi è scoppiata una polemica dai toni asprissimi tra l’Elefantino e il sovrano dei social network, dopo che quest’ultimo ha deciso di censurare un editoriale di Ferrara intitolato “Oggi Froci”.

L’algoritmo facebookiano lo considera incitamento all’odio e dato che l’argomento “matrimonio gay”, è stato recentemente sdoganato dalla Corte suprema americana, ecco che il caro Giuliano è stato bacchettato (ed oscurato) dai moralizzatori della Silicon Valley. Tutti conosciamo l’opinione di Ferrara riguardo gli omosessuali e le sue posizioni omofobe, quindi non c’è da meravigliarsi se l’Elefantino, oscurato ed imbizzarrito, si sia scagliato contro Zuckerberg e l’algoritmo cretino.

“L’algoritmo può darci molto, può favorire l’intelligenza, ma in sé è totalmente cretino. È un idiot savant, uno scienziato pedante e talvolta utile che cerca nella media dei significati di guidarci tra i significati, ma manca del principio di individuazione, del tratto della personalità, che è la sede dell’intelligenza, della capacità morale degli uomini e delle donne, della loro anima individuale”. Ferrara inferocito, bacchetta a sua volta il giovane Zuckerberg: “L’algoritmo non sa che sul Foglio una storica rubrica scritta da uno scrittore gay che si chiama Daniele Scalise aveva per titolo, appunto, ‘froci’. E che quella rubrica era nata sul settimanale di sinistra intellettuale, l’Espresso, col titolo ‘gay'”. Ma non se la prenda troppo il povero Giuliano, i guardiani del politically correct virtuale sono stati fin troppo comprensivi con lui. Diane Sori è stata cacciata per sei volte da Facebook perché ha scritto che la sharia è incompatibile con la società americana.

Ma l’Elefantino non si piega, difende a spada tratta i nostri giornali ed è orgoglioso di quel linguaggio un po’
sguaiato che in Italia hanno il coraggio di mandare in stampa. “Teniamoci stretti i nostri giornali, però, che difendono la libertà con la parola démodé, i caratteri cubitali dei titoli, i testi spesso pieni di sottigliezze, i nostri giornali che riscattano dalla censura algoritmica un secolo che si annuncia e già si manifesta come pericoloso”.

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