L’attentato di Beirut e l’autunno arabo
A poche ore di distanza dall’esplosione dell’ autobomba a Beir el-Abed, centro di Beirut e quartiere simbolo di Hezbollah, si contano per il momento 53 feriti e si stima l’impiego di circa 40kg di tritolo.
Tra i paesi mediorientali il Libano rappresenta forse il mosaico umano più complesso in assoluto, dove convivono talvolta miracolosamente elementi culturali occidentali ed europei, cristiani maroniti, copti e ortodossi, islamici moderati e fondamentalisti, arabi, sunniti e sciiti, ebraici e drusi. Anche per questa ragione la terra dei cedri è stata spesso campo di battaglia, zona franca e soprattutto termometro delle tensioni presenti nella regione. L’autobomba di stamattina ricorda quella che uccise nel febbraio 2005 l’influente ex-primo ministro Rafiq al-Hariri insieme ad altre 21 persone, a quell’atto di terrore seguirono nel giro di un anno la rivoluzione dei cedri, con la smobilitazione delle truppe siriane, e l’attacco israeliano dell’estate 2006, conclusa con la missione di interposizione UNIFIL.
Così come per l’omicidio al-Hariri le prime voci portarono immediatamente verso la pista siriana, poi parzialmente smentita e comunque mai definitivamente provata, anche in questo caso l’atto sembrerebbe essere una ritorsione dei ribelli siriani per l’appoggio fornito da Hezbollah alle truppe di Bashar Al-Assad nella riconquista di alcune cittadine di confine. Storicamente la vicinanza di Hezbollah alla dinastia Al-Assad ha due motivii principali: quella della coesione verso il comune nemico israeliano e quella religiosa, essendo gli Al-Assad di fede alawita, appartenenti cioè a una setta minoritaria islamica vicina al l’Islam Sciita, con il quale condivide la reverenza verso il profeta Alì, cugino di Maometto.
Da un lato troviamo dunque i ribelli siriani e quindi gli USA, visto che la CIA ha reso noto di essere pronta a rifornire di armi la guerriglia anti-regime, dall’altro lo stesso Assad e da oggi sempre più anche le milizie di Hezbollah. Sullo sfondo il caos egiziano, che dopo la protesta e il golpe che hanno deposto Morsi balla ormai sull’orlo della guerra civile, e l’ombra della guerra fredda tra le due potenze regionali, i convitati di pietra di ogni geopolitica mediorientale: Iran e Israele. A poco più di due anni dalla primavera araba, le istanze laiche e progressiste di quel passaggio storico vedono affievolire la propria spinta propulsiva e i social network lasciano di nuovo il campo alle bombe, al terrore e alle tensioni militari. Aspettando un autunno arabo che, a voler essere ottimisti, non promette niente di buono, il Libano come già in passato rischia di essere coinvolto in conflitti che vanno ben oltre i propri confini.
di Daniele Trovato