Un blitz in sordina? Modifiche all’articolo 138
L’articolo 138 della nostra Costituzione riguarda il procedimento di produzione e approvazione di leggi costituzionali, un iter complicato, rinforzato nel controllo da parte di entrambe le Camere secondo regolamenti rigidi che riguardano lettura e votazione, considerato il rilievo primario che tali leggi occupano nell’ordinamento giuridico italiano e, inoltre, sottoposto a conseguente verifica popolare tramite referendum indetto con quorum.
E’ recente la decisione dell’attuale Governo delle larghe intese di andare a revisionare questo cruciale articolo della Costituzione, che seppur delineando una procedura talvolta ‘farraginosa‘ di produzione normativa, è senz’altro garanzia di rigore e conformità ai procedimenti dettati in ambito costituzionale che rendono il nostro ordinamento rigido e, alcune, fondamentali norme non modificabili ad arbitrio dei poteri.
Il 31 maggio è stata approvata a Camere riunite una mozione per rivedere in particolare aspetti cardine del disegno costituzionale voluto dai nostri Padri Costituenti nel 1946, il premierato sul modello francese, raccogliendo in parte le lamentele e le sollecitazioni dell’ex Leader del PDL, Berlusconi, scontento di non aver raggiunto la posizione di primus super partes nel Consiglio dei Ministri e solamente quella di primus inter pares, insomma il raffronto con Sarkozy lo ha sempre posto in svantaggio nell’accentramento delle proprie funzioni, tanto da voler pareggiare i conti ad ogni costo. Questa mira politica ha però radici antiche, perché già Giulio Andreotti, nel suo ostinato ruolo di guida della Democrazia Cristiana e della Nazione, aveva in una delle sue ultime elezioni caldeggiato un raffozamento del potere politico del ruolo del Primo Ministro.
Ma l’aspetto maggiormente rilevante della volontà dell’attuale Governo è quello di mettere le mani su uno degli articoli garanti del rispetto del rango costituzionale della legge e quindi della gerarchia dei principi costituzionali al di sopra delle scelte politiche tout court. Così facendo si affiderebbe a decisioni strettamente politiche, la scelta più prettamente giuridica e giurisdizionale di far prevalere sempre la Costituzione, vero patto tra popolo e regime, scelta democratica e architrave stesso della Repubblica Parlamentare, forse per snellire il procedimento di adozione e revisione di leggi costituzionali, si vuole correre il rischio di minare la forza e l’efficacia che tali norme devono avere per definizione. Questa forza costitutiva è avvalorata dalla possibilità di sottoporle a referendum, evenienza che viene appunto messa in discussione tra i punti discussi dalle Camere nell’approvare a maggioranza delle forze politiche il testo della mozione. Appaiono provvedimenti isoliti, antipopolari, e per di più, poco fruttuosi in un periodo di grave necessità per il Paese di decisioni e riforme strutturali che esulano dai principi cardine della Costituzione italiana in quanto tale ma che riguardano più propriamente l’organizzazione della comunità politica nel suo complesso; ovvero si rendono urgenti le riforme amministrative piuttosto che quelle riguardanti i regolamenti istituzionali interni o la distrubuzione del potere ai più alti piani.
La mozione è in attesa di diventare legge per la fine di luglio ma non si è a conoscenza dei dettagli e dei particolari delle modifiche che però sono state avallate trasversalmente, sotto la guida di Letta. Considerando la possibilità dell’esclusione popolare dai procedimenti legislativi a questo livello e, quindi, l’omissione del referendum, tale mozione così come si presenta pare un silenzioso blitz alle spalle di chi ha il diritto di voto, in barba ad esigenze più pratiche e impellenti.
di Eva Del Bufalo