Quando la legge prende il sopravvento

Non sempre tutto è dovuto e non sempre le cose girano nel verso giusto. Lo sa bene la società sportiva “Il gabbiano” che, in questi giorni, è al centro di roventi polemiche che vanno ben al di là dei confini sportivi ma investono temi culturali e sociali e, da qualche tempo, anche politici.

Ci troviamo a Camposampiero, precisamente un comune della provincia di Padova, in Veneto, ed è qui che si è alzato il polverone riguardante il caso della piccola atleta di 10 anni, pronta a passare nel mondo agonistico del nuoto sincronizzato.
Figlia di genitori tunisini, nata in Italia e perfettamente integrata nel paese, in piscina e con le sue compagne di squadra, a oggi ancora non è riconosciuta come cittadina italiana e, di conseguenza, la Federazione di nuoto ha bloccato il passaggio al gradino più alto della nuotatrice, bloccandole la partecipazione a tutte le gare federali. Se vorrà gareggiare con le sue compagne, dovrà aspettare la maggiore età e richiedere, quindi, la cittadinanza italiana. La reazione del padre è stata molto forte, tant’è che si è arrivati addirittura a pensare di farle lasciare lo sport. Nonostante l’impossibilità, il suo allenatore continua a portarla in trasferta e in gara, a farla sedere in panchina e segnalarla come riserva, ma ancora non ha avuto, e chissà se l’avrà mai, la possibilità di tuffarsi in acqua e danzare con le sue compagne. La polemica ha fatto clamore e il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli, non ha aspettato un attimo per ribattere alle accuse che gli sono arrivate. “Noi nell’ottobre dello scorso anno abbiamo cambiato il nostro statuto e successivamente il regolamento organico che è in attesa di essere approvato dal Coni. Ma le deroghe per poter far gareggiare ragazzi che non hanno la cittadinanza italiana già ci sono. Sono tantissimi i ragazzi stranieri che risiedono nel nostro Paese che giocano nel campionato di pallanuoto o competono nelle altre discipline della nostra federazione. Non voglio entrare in polemica con il padre della bambina ma se si fosse rivolto a chi di dovere, quindi alla federazione o al comitato regionale Veneto, la ragazza avrebbe potuto competere insieme alle sue compagne”. Cosa che, il papà, ha detto di aver fatto. La sua parola contro quella di Barelli. {ads1} Si sono scatenati i commenti sul web, chi a favore della scelta presa dalla Federazione, chi contro perché ritenuta una cosa ingiusta. Quello che sta passando la ragazzina è un problema che si riscontra in tanti minorenni nati in Italia da genitori extracomunitari, dunque italiani di seconda generazione, ma extracomunitari per legge. Chi di loro ha meno di 18 anni e pratica uno sport a livello agonistico deve, per forza di cose, rimanere fuori dall’ambiente delle gare nazionali. Un esempio è il calcio mentre, in altri sport ancora, non si può proprio partecipare a nessuna gara.
Non spetta a noi giudicare questo decreto, alquanto ridicolo se ci si pensa bene, soprattutto perché rompe i sogni di tanti piccoli sportivi, stelle promettenti di uno sport che, solo perché “under 18”, vedono la cittadinanza italiana per legge e i diritti che con questa ne derivano sempre più lontana.
C’è chi ha accusato la Federnuoto di razzismo e chi, a sua volta, ha accusato chi ha usato questo termine. Insomma, di parole e parolone ne sono volate tante in questi giorni, ma, come sempre, “verba volant, scripta manent”.

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