Turchia, scontri tra il governo e il popolo
«Ammonisco tutti coloro che sono venuti qui con cuore sincero – sono stati soggetti a gruppi illegali che non dovrebbero assecondare. Mi appello affinché pongano immediatamente fine a tale protesta». Queste le parole del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan dinanzi alle mobilitazioni di civili che in questi giorni stanno manifestando contro la decisione del governo di demolire il parco di Gezi nei pressi di piazza Taksim per ricostruire la caserma militare e far posto a un nuovo centro commerciale.
Erdogan ha aggiunto che ritiene la protesta più «ideologica» che «ambientale» e ammonito «siamo pazienti, rimarremo pazienti, ma la nostra pazienza ha dei limiti».
Quella di piazza Taksim è soltanto una delle manifestazioni dell’insofferenza del popolo nei confronti del governo di Ankara e la fase culminante della serie di proteste che hanno avuto inizio il mese scorso. Le rimostranze sembrano, infatti, aver trasceso le motivazioni ecologiste e aver recepito gli umori di un Paese stanco dell’autoritarismo di un governo che ha imposto dei limiti ai diritti individuali e alle libertà di parola e di stampa.
Le proteste, inizialmente circoscritte ad Istanbul, si sono poi diffuse in tutto il Paese e hanno causato, ad oggi, cinque morti e centinaia di feriti. La polizia ha fatto uso di lacrimogeni e cannoni ad acqua per arginare i manifestanti che chiedono a gran voce le dimissioni di Erdogan.
Alcuni dimostranti sono stati arrestati con l’accusa di aver «incitato alla violenza» per via di certi messaggi diffusi via Twitter. Il governo aborrisce l’uso dei social media, che ha definito una «cancrena» e una «minaccia», mentre i dissidenti – alcuni dei quali si sono aggregati al gruppo «occupygezi» – utilizzano le piattaforme sociali come un mezzo privilegiato di espressione.
La stessa accusa è stata rivolta a quattro tv locali, multate per la copertura data alle proteste contro il governo; l’Anadolu Agency, l’agenzia stampa ufficiale turca (http://www.aa.com.tr/en) sembra, invece, dare una versione meno drammatica degli eventi, rivendica che le proteste fossero pianificate da mesi e sostiene che alcune NGO sarebbero dalla parte dell’establishment.
La volontà di distruggere gli alberi della città per far posto ad un centro commerciale ha una valenza potentemente simbolica e esplicativa di un regime che continua a perdere consensi. La dittatura è estranea alla vita reale. L’autoritarismo persegue l’omologazione e disdegna la straordinaria varietà delle persone e delle cose. Il totalitarismo non comprende e non tollera l’evoluzione naturale, e ineludibile, della storia. La natura delle cose va eradicata.
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